«En redescendant, le cœur léger, je sifflote gaiement. Je viens de gagner le ticket pour le cap Horn, l’Amazonie… Ah ! Connaître l’enfer vert, la chaleur suffocante, les moustiques, les papillons aux ailes moirées, manger de la soupe de perroquet Ara, de la queue de caïman, avaler des larves gluantes, découvrir les mers du sud, entendre rugir le vent des quarantièmes, entendre hurler celui des cinquantièmes en doublant le cap Horn, siffler le dauphins qui dansent au clair de lune, apercevoir les glaciers qui brillent au fond des fjords ! Je veux vivre à en crever…»
JMB

venerdì 25 ottobre 2013

Guerra tra zeri

Perché guerra tra zeri...beh, questo è un post sulle probabilità su cui la vita si basa. Se a qualcuno da fastidio il fatto che ogni tanto parlo all'impersonale, ogni tanto in prima persona singolare e ogni tanto in prima persona plurale, sappia che scrivo e salto da una all'altra senza accorgermene e sinceramente non mi va di correggere le frasi....
Lancio una moneta: 0.5 di probabilità che venga testa. 0.25 di probabilità che venga testa due volte di fila.
3 volte di fila...0.125 ...4 volte 0.0625 ... 5 volte 0.03125 ...6 volte 0.015625
7 volte 0.007813 8 volte 0.003906 9 volte 0.001953 10 volte 0.000977 11 volte  0.000488 12 volte  0.000244 13 volte 0.000122 ....il numero di zeri ci sovrasta non  appena ci mettiamo a giocare coi numeri con cui gioca l'universo.
E' facile intuire che se dobbiamo giocare con tempi e spazi infinitamente grandi e infinitamente piccoli, si raggiunge ben presto una probabilità di ottenere la nostra realtà che sfiora una cifra ridicolamente vicina allo zero. La quantità comunque non sarebbe zero, perché almeno un esempio di realtà ce lo abbiamo ed è proprio davanti ai nostri occhi. La quantità di zeri da usare dopo la virgola è talmente grande da sembrare pura fantasia.
La crescita, l'evoluzione, l'adattamento, che sono le volontà della natura stessa di vivere, se ne sbattono delle probabilità. L'unica soluzione possibile, è quella azzeccata. Probabilità infinitamente piccole sono realizzate ogni singolo istante. Da quando c'è quella soluzione me ne accorgo, se non ci fosse non ci sarei neanche io e quindi non me ne potrei accorgere. Le cose accadono solo quando ne siamo testimoni. Al pari, ad esempio, dellle cose che vediamo solo quando le guardiamo.
La straordinaria dote dei pensanti è l'intelligenza e l'uso dell'intelligenza per non rendere passiva la crescita. L'uso dell'intelligenza è, cioè, la volontà di indirizzare una crescita, un addattamento, un miglioramento..
E' una guerra tra zeri, ma il più difficile è già stato fatto. Abbiamo pochi dadi da lanciare ancora. E' un bene averli, è un bene lanciarli. Certo, non tornano indietro....ma i giorni e il tempo me li tolgono dalle mani comunque. Il tempo non cambia il numero di facce nei dadi, cambia solo il numero di dadi che si possono lanciare. E credere nel caso e nel destino a parer mio non vuol dire credere nei dadi, ma proprio nel contrario. Vuol dire credere di non avere dadi da lanciare. Caso e probabilità sono due cose diverse. Una cosa che ha poche possibilità di uscita e poi riesce, non è un caso. La realtà non è un caso. E' solo una cosa poco porbabile, a parer mio. La volontà dell'uomo ruba i dadi al caso e se li mette nelle proprie mani.
La traiettoria che la mia realtà (cioè le circostanze di cui sarò testimone) mi farà compiere nello spazio delle possibilità, congiungerà due punti nel tempo su di una linea sottilissima: ovvero l'unica soluzione possibilie, istante per istante. L'unica soluzione da me testimoniabile e vivibile nella realtà, tra l'incalcolabilmente grande numero di possibilità offerte idealmente. Sono un equilibrista che si sposta su di un filo incredibilmente lungo, se si pensa a quanto è sottile: si perché concesso che il filo sia lungo una vita (almeno quello su cui cammino io) devo ammettere che è largo tanto il più piccolo frammento di tempo. Non il più piccolo frammento di tempo misurabile. Ne il più piccolo frammento di tempo concepibile. Ma il più piccolo frammento di tempo concessoci, ovvero la più piccola quantità di tempo che determina un cambiamento. Questo cambiamento è talmente piccolo che è adimensionale, avolumico, fuori dallo spazio e dall'umana concezione. Semplicemente non mi è dato di dargli un posto e di datarlo, cioè di individuarlo nella realtà, ma neanche di concepirlo, cioè di individuarlo nella mente...Come se la mia testa avesse una risoluzione troppo grossolana per un pensiero così fine, al pari dei nostri occhi, che hanno risoluzione troppo grossolana per determinare la distanza tra due punti attaccatissimi disegnati su un foglio. Allora se si accetta questo, posso dire che il caos o il caso è responsabile delle realtà che si realizzano e che hanno una probabilità che va al di sotto della nostra risoluzione mentale. In questo caso lo accetterei.
E, se dovessimo tener conto di tutto, penso che le possibilità sono sparse su una superficie infinita, un pavimento: ridotto ad una linea insondabile non appena si muove un passo, non appena si formula un pensiero...non appena si è soggetti a cambiamenti.. Questa linea collega ininterrottamente i punti su cui camminiamo e creano il nostro percorso, ovvero l'unica soluzione vivibile, perché è l'unica testimoniabile. La sola scelta possibile, quindi, è dettata dal mio incedere, e riduce l'infinità di soluzioni possibili ad un unica linea e allo stesso tempo fa sprofondare il pavimento dietro di me nel buio senza fine delle possibilità non vissute, separando, cioè, il passato dal futuro. Le possibilità non vissute e sprofondate nel passato sono accessibili dopo il nostro passaggio soltanto tramite l'immaginazione, e il loro accesso ci è negato nella realtà. Ma non solo, perché le possibilità negateci dal tempo che passa sono accessibili soltanto alla mente, ma anche solo attorno alla stretta cerchia che sta vicino alla linea che abbiamo tracciato, quasi fosse un'aura, una luce che avvolge il percorso deciso. E visto che possiamo vedere solo nella luce, le possibilità perse sembrano poca cosa rispetto a ciò che si ha davanti.
Sono un equilibrista senza vertigini, perché non ho paura di cadere: nella mia testa sto camminando su un pavimento, è solo guardando indietro che capisco quanto precario ero, sulla passerella a picco sul baratro. Quasi a dire: ci vuol coraggio a vivere...ma lo si fa senza rendersene conto... Ma d'altronde, non è l'altezza che da la paura di cadere, ma la suggestione e la precarietà della situazione. E allora mi sento sicuro se cammino su di un pavimento e sento una mano amica appoggiata sulla spalla......

Dadi che mi escono dalle tasche, pavimenti che crollano, pare che il tempo stia riducendo i miei zeri. Passo dopo passo mi dirigo in quel punto dove il pavimento crolla anche davanti ai miei occhi e non dietro ai miei passi, ma proprio sotto i miei piedi...

Bella storia....

Guerra tra zeri quindi..... Io ho scritto, tu hai letto. Che probabilità c'era? Incalcolabilmente piccola. Ma è successo. La prossima volta faremo dell'altro, probabilmente.

NB: Settimana 14-20 ott

  • Corsa: 5 mar, 10 mer matt, 10 mer sera; :-(
  • Bici: 40 ven, 130 dom;
  • Nuoto: 1 lun, 1 gio;
  • Secco: 1 Gio;
Ciao

JMBReRe



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