«En redescendant, le cœur léger, je sifflote gaiement. Je viens de gagner le ticket pour le cap Horn, l’Amazonie… Ah ! Connaître l’enfer vert, la chaleur suffocante, les moustiques, les papillons aux ailes moirées, manger de la soupe de perroquet Ara, de la queue de caïman, avaler des larves gluantes, découvrir les mers du sud, entendre rugir le vent des quarantièmes, entendre hurler celui des cinquantièmes en doublant le cap Horn, siffler le dauphins qui dansent au clair de lune, apercevoir les glaciers qui brillent au fond des fjords ! Je veux vivre à en crever…»
JMB

domenica 28 luglio 2013

La fatica dell'albero di tiglio e delle cozze

Chi si volesse fare uno spaghetto allo scoglio e si compra le cozze già belle belle pulite, si perderà una delle prove più belle di come in natura siano lo sforzo e la variabilità a generare cambiamenti atti a fronteggiare in maniera meno faticosa ulteriori sforzi; ossia a generare adattamento. Un bel giorno avevo comperato delle cozze per fare del sugo, e non erano affatto pulite! Anzi! Ahimè attaccato a quel guscio lucido e nero c'erano delle alghe. Dopo un'attenta disamina e visto che ci stavo mttendo un secolo a pulirle mi sono accorto che le alghe erano generate dalla cozza. Venivano fuori dal loro interno.
Che poi in effetti quando le si vede al mare, le cozze sono veramente attaccate agli scogli con  una forza incredibile. Con la forza dell'adattamento a millenni di evoluzioni sotto lo sforzo dell'influsso del mare. 
Uno spettacolo simile ma in tutt'altro ambiente è quello di una folata che investe gli alberi di tiglio a luglio. Le foglie che si staccano hanno una strana forma. Ci sono due diverse ali. Su di un lato c'è una specie di pala eolica, mentre su di un altro estremo c'è un contrappeso, costituito da semi, credo. Fatto sta che queste foglie girano e girano nel vento come ventole. E le vedi sforzarsi di andare più lontano possibile. Si aggrappano al vento come le cozze si aggrappano agli scogli. Un capolavoro della tecnica. E girano. E girano. Con la maestria di qualcuno che per millenni si è allenato a cavalcare anche il più piccolo movimento d'aria. Sono state create per questo. Si sono adattate per questo. Questa è una delle soluzioni che la natura ha trovato. 
La natura addestra la più resistente cozza così come il più sensibile seme di tiglio. Aggrapparsi alle fondamenta della terra in mezzo al mare o cavalcare l'alito di vento più innoquo. Delicatezza e resistenza. Impossibile senza lo sforzo. Lo sforzo di due diversi sistemi che agiscono per preservare e perpetuare la vita. Uno lo fa cercando di rimanere più fermo possibile, l'altro lo fa cercando di volare più lontano possible. Orgainismi non passivi come l'uomo possono trovare nella propria natura le capacità per generare autoadattamenti e miglioramenti. Mentre la struttura importante e fondamentale è stata disegnata da milleni di evoluzioni, le sfaccettature e i ghirigori dei capitelli delle colonne del tempio possono essere in gran parte scolpite a piacere. Direi che le fondamenta e la struttura ce l'ha disegnata l'evoluzione ed una natura che ormai non ci appartiene più. Anzi direi che con le comodità del XX secolo siamo noi che abbiamo abbandonato la natura. Direi perciò che non possiamo essere ingegneri di noi stessi. Ma architetti piuttosto. Disegnatori. E non c'è niente di cui autodenigrarsi. Anche la Cappella Sistina credo fosse stata intonsa prima dell'arrivo di Michelangelo. 
La stessa acqua che stimola le cozza a stare aggrappate è la stessa acqua che porta i nutrienti. Lo stesso vento che stimola le foglie di tiglio a volare è lo stesso vento che porta i semi a germogliare più lontano. La natura è talmente impregnata di vita che si stenta a riuscire a separare gli elementi adattati agli elementi che provocano adattamento. Nessuno separerà mai le cozze dal mare, così come nessuno ruberà al tiglio il vento. A meno che non si voglia togliere ad uno scoglio le sue cozze o ad un campo i propri tigli. 

Io credetti reverentemente nello sforzo autoimposto dell'uomo: io credetti nell'allenamento.
Nella fatica. Che stimolò il cambiamento e l'adattamento. Che erose le rocce. Che tenne attaccate le cozze agli scogli e che fece germogliare i tigli per chilometri e chilometri.
E che migliorò le persone.

JMBReRe

Ora, visto che sono imbecille rifaccio il riassunto delle ultime 3 settimane... e via!

Settimana 01-07 luglio:
  • Corsa: 4 all: mar 10, Gio 8, 10 Sab, 15 Dom;
  • Bici 25 Ven;
  • Falesia: Sab;
  • Nuoto 1000 Gio;
Settimana 8-14 luglio
  • Corsa: 3 all: 10 Mar, 10 Mer, 15 Dom;
  • Bici: 50 Lun, 130 Sab, 25 Dom;
  • Nuoto: 1000 Gio;
Settimana 15-21 luglio:
  • Corsa: 3 all: Mer 10, sab 15, dom 30;
  • Bici corsa: 30 Sab;
  • Nuoto: 1 Gio;

giovedì 4 luglio 2013

Stéphane e il bambino nella pioggia

Vorrei parlare di una cosa che è mi successa questa primavera sulle colline di casa mia. Questa cosa che ora racconto di per sè non ha nulla di speciale, ma racchiude un concetto che mi andrebbe di approfondire. Anzi, che mi è necessario approfondire.

Ero intento a correre per le colline di casa mia, per l'appunto. Ci si immagini una giornata primaverile piovosa e chiara, con tutto il bello dell'aria tersa e del verde lussureggiante che ne può conseguire. 
Ad un certo punto, ricordo, che la strada di ghiaia-mista-terra saliva leggermente. E quel che vedo è un gruppo di persone: 2-3 adulti e 2-3 bambini... non distinguo il numero. Gli adulti sono dispari però... "manca uno dei genitori", mi dico. Uno degli adulti spingeva un passeggino, e dentro al passeggino, un esserino minuscolo. Pioveva. 

Visto che mi apprestavo a sorpassare il gruppetto tenevo solamente di vista le persone che avrei potuto urtare. 
Avvisati dal rumore delle mie scarpe sulla ghiaia, gli adulti che mi davano le spalle si sono scansati di poco.  

Quello che poi ho visto è quello di cui sto parlando ora. Ho visto due bambini che camminavano nella pioggia. Si badi bene: nella pioggia. Non è che stavano camminando e stava piovendo, loro camminavano nella pioggia. Erano un bambino e una bambina. Spolverini blu e, ovviamente, portati larghi. Non si bagnavano, o così sembrava: la pioggia attraversava i loro corpicini.
I bambini se ne sbattono degli ombrelli. Al massimo li usano per giocare e scherzare. Ma non ho mai visto un bambino che usasse l'ombrello per spontanea volontà. Anche perché uno non è che nasce che sa che cos'è l'ombrello e a cosa serve...

Sto completando il sorpasso e il bambino, con quella voce scanzonata, disinteressata, gaia ma insieme risoluta che solo i bambini conservano, afferma, sorridendo come se avesse visto passare un areoplano: "Ce n'è di pioggia, eh?!?". 
Una domanda sottoforma di affermazione. Tutto quello che ho saputo rispondere è stato: "Eh ,si. Hai visto che roba!?!". Altra domanda sottoforma affermativa. Mi è venuta spontanea, anzi, boh. Non so se ho sognato di dirlo forse...ero anche io nella pioggia, per un secondo. Frastornato dal fatto che avessi smesso per un secondo di bagnarmi. 

Ora, interrompo un attimo il soprpasso e includo altri ingredienti.

Sono necessarie alcune premesse però... Allora, per i non-addetti ai lavori, Stéphane Brosse (Stéphane Brosse) è stato uno degli scialpinisti francesi più forti in assoluto. Se ne è andato sul Bianco, proprio un anno e qualche settimana fa. Sinceramente avevo solamente sentito parlare di lui, e non lo avevo mai sentito parlare. Tempo addietro ho sentito una sua intervista in cui parlava liberamente e diceva (magari i puristi non mi perdoneranno la traduzione troppo letterale dal francese, ma non volevo parafrasare l'intervista, volevo usare quasi le sue stesse parole, che spero di aver colto):
"La felicità è qualcosa di cui tu vai alla ricerca, ma che quando ce l'hai non te ne accorgi.
E' solo col senno di poi che tu realizzi che sei stato felice.
Infatti la felicità è ovunque. Devi solo sapere come catturarla, come riconoscerla.
Quando sei con il tuo bambino, tu trovi la felicità, ma può essere che tu non riesca ad accorgertene.
Quando sei qui e stai combattendo contro il maltempo nelle montagne e tutto il resto, non la senti in quell'istante preciso, ma ti rende veramente felice in seguito.
Sono solo due esempi diversi....
ma c'è felicità ovunque, abbiamo solo il bisogno di vederla." 

Ora, perdoneremo il cambio di tono nella citazione. Riporterò una frase del film Santa Maradona.

BART : No, scusa un attimo... L'altro giorno ero in treno, stavo guardando fuori dal finestrino...
ANDREA :E dove cazzo stavi andando? [ … ]
BART : Guardavo fuori da, da 'sto cazzo di finestrino... e a un certo punto, appare nella pianura... un camion gigante e un vecchietto di 130 anni che se lo dipingeva tutto di rosso... cioè, la cosa più bella del mondo. / Solo che ho pensato che io quella scena lì, la stavo guardando attraverso un vetro. / Di conseguenza, ho messo a fuoco sul finestrino... e ho visto che qua in basso, a un centimetro dalla mia faccia, c'era una scrittina, piccola, piccola, che se continuavo a guardare fuori, non avrei mai letto.
ANDREA : Che scrittina?
BART : "L'amore è una scorreggia nel cuore." Ma ti rendi conto? Cioè, tu te ne stai tranquillo, Incredibile. in treno, stai guardando lo spettacolo più bello del mondo e un deficiente t'ha scritto sotto al naso una cazzata del genere!

Quella giornata di pioggia era bella proprio perché stava piovendo. Eh...beh. Ovvio, come fa ad essere bella una giornata di pioggia perché c'è il sole? Non esiste. Allora: o si rinuncia a trovare il bello nelle cose, oppure si deve ammettere che in ogni cosa che ci circonda si può vedere del bello. 

Quel bambino camminava nella pioggia. Anzi, forse era proprio lui che la faceva cadere, a suo piacimento. "Ce n'è di pioggia, eh?!?"... me lo ha detto così, come se fosse ovvio che dovesse essere una figata. Anzi, come se doveva essere scontata l'intesa di due che escono solo perché piove. Eh si, secondo lui era quello il bello. Cioè, eravamo usciti perché pioveva! 
Ahhh... per un secondo ho creduto agli angeli....

A conti fatti il presente non è che l'incontro di due istanti. Uno viene da davanti, dal futuro, e l'altro viene dal passato. Ma le intenzioni, i ricordi, l'immaginazione, i sogni, le previsioni, i rimorsi e le perplessità, sono tutte cose che non riguardano il presente. Il presente è solo azione perché non c'è nulla di immaginato che riguardi lo stesso istante in cui avviene l'azione. Quindi, ogni volta che si pensa, si vive nel passato o nel futuro. 
Visto che non ci si può ricordare del futuro e non si può sperare in un passato diverso, allora all'immaginazione del passato hanno dato il nome di ricordo e all'immaginazione del futuro hanno dato il nome di previsione. Sicché strutturalmente un sogno o una realtà ricordati non differiscono di molto; a volte addirittura li confondiamo. 
Uno potrebbe anche dire che si è felici se si hanno ricordi felici, tutto sommato (no? Non voglio parlare ora dell'estrema utilità dei ricordi meno belli). Quindi perché non avere anche previsioni felici? Sogni felici? 

Nella società moderna, la felicità nella vita è questione di attitudine alla positività. L'attitudine alla positività non è che una tendenza all'ottimismo. Non è che l'utilizzo della speranza per la costruzione di eventi futuri positivi. Allora, se per essere felici è necesario avere bei ricordi nel passato, è tanto uguale pensare positivamente e preparare bei propositi futuri, perché, come detto, il futuro non lo si può ricordare e il passato non si può sperare. L'attitudine ha il compito di generare questi alberi, l'entusiasmo ha il compito di irrorali, di mantenerli vivi e geenrare i frutti. 

Date le premesse, qualcuno potrebbe credere che si viva più nel passato e nel futuro, piuttosto che nel presente. Azzeccato. Che lo si voglia o no questa è la struttura che è stata creata. E allora quello che conviene fare è sforzarsi di vedere oltre il vetro sporco, oltre la nebbia, oltre il recinto, oltre.... oltre. 

Guarare bene, che il bello c'è... li da qualche parte.... E quando ricordi felici incontreranno previsioni felici, allora anche il presente sarà felice. Come lo è per un bambino sotto la pioggia che non si deve curare di mettere ad asciugare lo spolverino quando arriva a casa. Il suo spolverino non era bagnato ...

Questo è quanto...

La settimana 17-23 giugno:

Corsa: 3 all: ma 10, me 10, gio 10;
Bici da corsa: 50 lun, 50 ven; 140 dom;
Mtb: 40 dom;

L'ultima settimana abbiam fatto allora (24-30 giu)

Corsa 3 all: Ma 10, Me 10, Ve 11;
Nuoto: 1 sab;
Mtb: 35 sab;
Bici corsa: 25 dom;
Escursione: 1000 D+ dom;

Quindi a conti fatti a giugno abbiamo fatto:

Corsa: 14 all, 141 km;
Bici da c: 500 km in 9 allenamenti;
Nuoto: 1000;
Mtb 105 km, 3 all;
2 esc: 1400 mt;
Scialp: 1100 D+;

Giugno 2012 avevamo prodotto:
Corsa: 15 All, 156 km, buono, in media.....
Bici corsa: 10 All, 380 km, ok...
Mtb: 2 All, 46 km, con catena rotta nell'ultimo giro...ah ah...
Escursione: 1 1000D+
2 vie di roccia
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