«En redescendant, le cœur léger, je sifflote gaiement. Je viens de gagner le ticket pour le cap Horn, l’Amazonie… Ah ! Connaître l’enfer vert, la chaleur suffocante, les moustiques, les papillons aux ailes moirées, manger de la soupe de perroquet Ara, de la queue de caïman, avaler des larves gluantes, découvrir les mers du sud, entendre rugir le vent des quarantièmes, entendre hurler celui des cinquantièmes en doublant le cap Horn, siffler le dauphins qui dansent au clair de lune, apercevoir les glaciers qui brillent au fond des fjords ! Je veux vivre à en crever…»
JMB

domenica 17 maggio 2015

"Il problema dei duali" o "la prima notte di corsa" o "la lepre, la falena e il camoscio"

inizio

Jubilee Station
All'inizio (o perlomeno non è escluso che possa essere stato così) fu un duale, che in seguito si scoperse essere la più piccolo unità di pensiero, nonché il primo esempio di adattamento attivo all'ambiente. Il duale ammette un punto di connessione tra i due poli, che sono il punto di informazione e di riferimento, ma ammette anche un punto di codifica. Nonostante sia necessaria quindi una triade per definire un duale, il nome `duale`, dalla sua scoperta, è rimasto sempre utilizzato nel corso della storia perché è stato accertato (ma dovrei dire accettato) che riferimento e codifica non possono subire cambiamenti simultanei. Il duale ammette un solo confronto tra l'informazione e il riferimento, e lo fa tramite l'elemento definito nella codifica. Inoltre è praticamente certo che il duale possa ricevere una sola informazione per volta, e quindi il processo è di tipo seriale e non parallelo. Ma tutte queste cose sui duali io non è che le so da sempre. E' capitato che ne venissi a conoscenza.
8th Street Station
Un pomeriggio di maggio stavo correndo su dei prati inclinati e incontrai la lepre. "Ciao, lepre", dissi. Che io ci tengo a salutare chi incontro mentre corro. "Ciao". Rispose la lepre, tutt'altro che esitante. "Io credevo che le lepri avessero paura di quelli che corrono, perché scappano sempre", dissi. "Non scappano sempre, perché altrimenti sarei scappata anch'io", rispose. Perfino gli alberi restarono perplessi. Non intesi cominciare una discussione, che non è bene discutere con i padroni di casa. Piuttosto mi convinsi che quella era una lepre strana e la esortai a seguitarmi: "verrai a correre con me, oggi? Sono diretto lassù, vedi?". "Si, verrò, ma ti seguiterò fino alla pietraia".
Passammo un'ora in silenzio. Poi un'altra. Poi un altro po' di tempo che non saprei quantificare. Poi dissi: "ma tu che ne sai dei duali?". Mi rispose. "So che è l'unione del polo di riferimento e di informazione tramite la codifica pure". Beninteso la codifica pure (che in seguito sentii chiamare anche anche, e-pure, sinonimia (dai semantici)) assimila l'informazione al riferimento. Se entrambi sono positivi o negativi (ovvero veri o falsi) allora la codifica restituisce un vero. Se informazione e riferimento si oppongono allora la codifica restituisce un falso. "Tutto ciò che so, è che mi accetto per quel che sono. Ho il pelo bianco d'inverno e il pelo marrone d'estate". Rimasi taciturno a rimuginare. Nel cielo blu limpido vedevo ruotare ammoniti gialle. Un'altra ora passava silenziosa, e arrivammo alla pietraia. "Ora ti devo salutare", disse la lepre. "Ok, va bene". Il sole stava tramontando, creando nuovi giorni per certuni, e nuove notti per tal altri.
6th Street Station
Una sera di maggio stavo correndo per una pietraia. Era buio e una farfalla prese a svolazzarmi davanti alla faccia. La vedevo con la frontale. Apparire e sparire. Apparire e sparire. "Ferma!", le dissi..."dove te ne vai, farfalla?". - "Non sono la farfalla" - rispose. -"Sono la falena"-. "Vuoi, venire con me?", chiesi. -"Dove andiamo?"-, chiese di rimando. "Andiamo lassù...vedrai, ci divertiremo". -"Va bene, vengo"-, disse. Fu così che in un attimo passai dal correre con una farfalla, al correre con una falena, giacché, ciò che facciamo, e` solo reale nel mondo ideale. Passò un'ora e poi un'altra ora. Due ore silenziose. Passo un altro po' di tempo che non saprei quantificare. Poi proposi il problema alla falena: "Che ne sai te dei duali?". "So che è l'unione del polo di riferimento e di informazione tramite la codifica oppure". Beninteso la codifica oppure (che in seguito sentii chiamare anche: o-pure, seppure, o prospettiva di conseguenza negativa (dai prosaici), antinomia (dai semantici)) contrappone l'informazione al riferimento. Se entrambi sono positivi o negativi (ovvero veri o falsi) allora la codifica restituisce un falso. Se informazione e riferimento si oppongono allora la codifica restituisce un vero. "Tutto ciò che so, è che se tu mi aiuti mentre sto uscendo dal baco, io nascerò troppo debole e morirò presto.". Rimasi meditabondo. Nel cielo limpido vedevo ruotare stelle, astrolabi, gomene, sfere armillari. Un'altra ora passava silenziosa, e arrivammo alla neve. "Ora ti devo salutare", disse la falena. "Ok, va bene". Albeggiava, una fredda aurora. Di quelle che la terra regalava a nessuno quando il tempo non esisteva.
3th Street Station
Era mattino, all'incirca più tardi. Avevo passato una notte a correre e stavo pensando ai miei incontri avuti sulla strada verso la neve. La lepre, la falena. Ripensavo a loro e qualcosa non mi tornava. Mi chiedevo come fosse possibile sviluppare un'intelligenza senza poter accedere a codifiche diverse dall'eppure e il seppure (che tutt'ora sono i miei delineatori preferiti). Si, perché se riferimento e codifica non possono cambiare simultaneamente, allora come è possibile evolvere, cioè cambiare risposta in base all'informazione, cioè proporre un adattamento attivo all'ambiente, proporre soluzioni diverse a partire da basi note, giungere autonomamente a conoscenze reali, scoprire il da farsi, attribuire significato, afferrare le cose. Una cosa sia chiara, orbene, sempre considerando l'ipotesi che sta alla base dei duali è vera. Ovvero: l'intelligenza è descrivibile tramite un numero abbastanza grande di connessioni, sviluppatesi a tal punto da poter costituire un complesso di facoltà e abilità psichiche e mentali che consentono di capire. Se questo è il problema, allora il duale, per il quale l'eppure e il seppure sono le uniche codifiche disponibili, non è la più piccola unità di pensiero, ma solamente un accessorio.
Centre Street Station
Fu così che un mattino, correndo sulla neve, incontrai il camoscio. "Buongiorno camoscio", che ad un camoscio non darei mai del tu, senza che prima mi dia il permesso lui. "Buongiorno". Che i camosci sono molto educati e rispondono sempre ad un saluto cortese (perlomeno quelli che ho conosciuto io). "Corre con me? Non sa che piacere mi farebbe". "Va bene", rispose il camoscio, che non lasciò sfuggire l'ombra di un emozione. "Ti seguirò solo fino alla cima". "Ma perché poi non scende con me?", risposi di fretta. "Perché, poi io dopo la vetta salirò ancora". Passò un'ora, e poi un'altra. Poi un altro po' di tempo che non saprei quantificare. Arrivammo insieme sulla cima, dove si vedevano, sparpagliate, alcune pietre: ma nulla ci toglieva dagli occhi la luce algida della neve. Mi avvolse la stanchezza. C'era un profumo interminabile. Mi coprii il volto, mentre il camoscio impassibile ammirava i dirupi, i dedali di rocce rosse, gli orridi, e le valanghe senza fine. Eravamo completamente soli in quel mondo di nuvole ma si sentivano dei sussurri, come il rumore delle gocce dell'acqua di stillicidio nelle grotte. Passammo così un'ora in silenzio, poi chiesi: "che ne sa lei dei duali?". "So che è l'unione del polo di riferimento e di informazione senza codifiche, ma con una negazione nella linea che conduce l'informazione all'unione". Beninteso la negazione (che in seguito sentii chiamare anche: nega-azione, negativazione, o specchio (dai prosaici)) rovescia l'informazione, qualunque essa sia. Se l'informazione è positiva allora diventa negativa (ovvero falsa), e se l'informazione è negativa allora si ha un positivo (un vero). "Tutto ciò che so, è che se tu se arrivi in cima, poi puoi solo scendere".  
City Hall Station
La negativazione era ciò che la falena e la lepre si erano riservate di non svelarmi. Era chiaro che quell'elemento era proprio quello che mancava per suffragare l'ipotesi alla base del duale. L'individuo persuaso dell'esistenza del duale direbbe che avendo abbastanza tempo a disposizione sarebbe possibile descrivere -tramite un numero abbastanza grande di connessioni, di codifiche (comprese le negativazioni), e di riferimento, in sintesi, di duali- una replica esatta del mondo. Tuttavia credo sia in tal caso solamente possibile giungere ad una descrizione esatta fino all'attimo prima. Una replica del mondo istantanea dovrebbe essere descritta da qualcuno più vecchio dei suoi anni, perché è necessario sopravvivere a se stessi per poter descrivere un'evoluzione completa. E giacché nasciamo noi, che sappiamo accettare ma non sappiamo comprendere il concetto di infinito, e sappiamo tutto del passato (singolarità escluse) e niente del futuro, concludo che l'evoluzione dei duali non è mai terminata, e che siamo il sogno mortale di un essere immortale -che ci sta replicando a suo piacimento per tutta la sua vita- o il sogno immortale di un essere mortale -che non ha mai fine-.
Scendo dal treno
Quanti duali servono per formare una lepre, una falena, un camoscio, un uomo? Quanti ne servono per descrivere la distribuzione delle strisce di una zebra? Quanti ne servono per comprendere il concetto di infinito, di mente non pensante, di stasi dell'evoluzione (dei duali), di assenza di tempo? Mi incammino e sogghigno. Sogghigno e soppeso. Penso all'incredibile nostra fortuna. Possiamo portarci una conchiglia all'orecchio e sentire il mare. La guardiamo e vediamo il cavo dell'onda. Vediamo cieli in occhi azzurri e mandorle in occhi marroni.

fine

PS: questo post non sarebbe stato mai scritto se non avessi conosciuto la Ale, che poi mi ha fatto conoscere Jorge Luis, ed Ernesto, che deve aver letto Blaise (a cui va tutta la mia stima) oppure, probabilmente, se l'avessi scritto senza conoscerla, sarebbe stato del tutto diverso.

JMBReRe (fermo dalla corsa e dalla bici->giramento balle a livelli astronomici)









mercoledì 13 maggio 2015

Lo specchio nel setaccio

"Io credo che l'uomo si ritroverà un giorno. Si! ... Troverà uno strano oggetto metallico nel suo setaccio. Dopo averlo lucidato scoprirà essere uno specchio. Vedrà un'immagine in quello spazio. La sua immagine, quello che era, quello che sarà "se non", e quel che "sarebbe se". Quello che potrebbe essere, quello che è. Inarcherà le sopracciglia abbagliato. Scoprirà di avere sempre avuto in mano la verità senza usarla. Si guarderà le punte dei piedi, poi guarderà l'acqua scorrervi dentro, guarderà le montagne, le nuvole e poi finalmente chiuderà gli occhi e penserà."

Questa frase l'ho trovata nel mio blocco appunti. Sinceramente non so di chi sia...se qualcuno lo sa me lo dica per favore. A me piace...

JMBReRe




sabato 2 maggio 2015

"Un omino a metà tra il blu e il selvaggio"

Oggi vorrei pubblicare un racconto che mi è stato generosamente donato. Io lo trovo bellissimo. Tratta di un'avventura in solitaria e in completa autonomia, in uno dei posti, secondo me -lasciatemelo dire- più belli del mondo. La mia scarsa vena dell'ultimo periodo di riabilitazione è riempita, fortunatamente, da questi regali che mi piovono dal cielo. 

Beh, ora vi lascio in pace al racconto... scriverò di nuovo presto per aggiornamento diari e varie ed eventuali visto che è già passato anche aprile (fugge questo reo tempo porco cane)...Buon viaggio...

"
Un omino a metà tra il blu e il selvaggio", by Gio:
Pronti via, l'idea è una pazzia ma anche un sogno e un'occasione. Tutto è già pronto nella mia testa: pulka finnesko pemmicam e gps. Destinazione: Oulu, progetto: traversata con sci e kite della banchisa nel mare del nord... Troppa è l'emozione dopo aver letto le storie di Cook, Amundsen, Scott, Shackleton .... La voglia di trasgredire i soliti schemi, di fare qualcosa che nessuno nel nostro circondario ha mai fatto, di mettermi nelle peste, di fare l'exploit sportivo, di vedere posti incredibili, di dimenticarmi che esistono le posate, di soffrire e gioire , insomma di vivere. Sarebbe bello, in realtà sono tutte bugie, delle scuse, una maschera da vendere agli altri, la facciata che ricopre le vesti della mia spedizione. Ma a se stessi non si mente, la verità è che certe cose nella vita lasciano il segno , ti fanno perdere la bussola, ti senti senza un pavimento sotto i pedi e un tetto sulla testa, sei in mare aperto senza salvagente e le onde alte non ti fanno vedere oltre. E allora ecco il bisogno di fuggire, di dimostrare chissà cosa a chissà chi, di soffrire in maniera diversa, di mutar fatica alla fatica. Ma ognuno è mosso dalle sue motivazioni ed è solo per un pelo che quasi non coinvolgo (sinonimo di 'metto nelle peste') anche il cane sciolto A, che anche lui per motivi diversi ma altrettanto validi, vorrebbe unirsi. Non posso chiedere di meglio!!
Et voilà: primo gennaio. Sono da solo nella mia Fiesta nel porto di Livorno che aspetto di imbarcarmi sul traghetto per Olbia in Sardegna. Ma come?! Tanti discorsi da spaccone e super figo per andare nel grande nord, e poi sono qui che prendo la nave per andare al mare??? Beh, come già detto, le cose non vanno sempre come pensiamo o vorremmo andassero, ma (almeno in ambito sportivo) sono contento di avere sempre un'alternativa, un asso nella manica. A, purtroppo, tra una cosa e l'altra è stato impossibilitato ad unirsi e io ho deciso , anche sotto consiglio suo di cambiare meta: il Selvaggio Blu [http://www.selvaggioblu.it/]. Sulla guida, in internet, sulle leggende che girano, nei racconti, e nei "sentito dire", la prima frase che leggi è: il Selvaggio Blu è il trekking più duro d'Italia... il 75% dei gruppi che lo affrontano senza una guida si perdono o chiamano i soccorsi, bisogna predisporre preventivamente i rifornimenti di acqua in quanto non se ne trova sul percorso, necessita di grande intuito e spirito di adattamento, ecc... Beh la sfida si fa interessante. Decido di andare li, senza una guida, da solo, senza rifornimenti esterni e in totale autonomia di cibo e acqua per una settimana. E' l'unico modo per non rimpiangere la banchisa polare... Il viaggio mi porta ad essere il 2 gennaio a Baunei [Baunei], ancora poca strada e l'avventura avrà inizio. Trovo un buon punto dove nascondere la macchina, preparo tutto velocemente, non voglio piu aspettare, è ora di partire. Guardo lo zaino. Lui mi guarda. E' immobile, ritto come un obelisco sembra affondare le sue radici nel terreno. Potrebbe fare da paracarro ad una vetrina di gioielleria. Gli dico: io non piaccio a te e tu non piaci a me ma dovremo cercare di andare daccordo. Ancora non lo sapevo ma sarebbe diventato il mio grande compagno d'avventura!! Lo alzo con uno sforzo che dovrò cercare di ripetere il meno possibile e finalmente parto.
Seguo un'indicazione molto evidente incisa nella roccia per Cala Goloritze [Cala Goloritze] ma mi trovo subito nella macchia, senza sentiero e senza evidenti tracce. Sono testardo e proseguo seguendo l'istinto pur sapendo che in questa parte un sentiero dovrebbe esserci e anche ben battuto. "Lo incrocerò", mi ripeto. E cosi è stato. Mezzora dopo sono sulla pista giusta, spinato, sudato, e stancato inutilmente. Ho imparato la lezione. Qui non sono concessi errori. Non ne farò più.
Mi godo la discesa alla cala più bella del mondo, tra ginepri, lecci e maialini selvatici. Ad un certo punto eccola. La guglia si erge dritta sembra un missile pronto a decollare. Poi,  prima ancora di poterli vedere, sento: "liberaaaaa"!! Sono i climber sulla guglia. Che invidia!! Sotto si apre la spiaggia tra roccia bianca come la neve e acqua limpida come il cielo d'inverno. Non trovo altre parole e nemmeno le voglio cercare, sarebbero sicuramente riduttive. Improvvisamente l'idea malsana. È tardi ma 2 ore scarse di luce mi restano ancora. Decido di affrontare la prima parte della tappa di domani che consiste in due tiri di IV e III da fare in solitaria e con il mio amico di 34 kg. Al limite, mi dico, verrà buio!!! Se fossi sulla banchisa sarebbe sempre buio tutto il giorno a gennaio! Cosi riparto, mi imbrago e poi via. Nessuno sa dove sono, nessuno sa cosa sto facendo. E forse è meglio cosi, perché mentre sono appeso a mezz'aria che isso lo zaino mi rendo conto che mentre io soffro per lo sforzo, a casa qualcun'altro soffre e basta. Mi responsabilizzo e mi carico di energie inaspettate per chi sta aspettando con ansia il mio SMS della sera. Esco all'imbrunire dal tratto di arrampicata e con l'ultima luce mi trovo un ottimo posto per bivaccare. Sono in un canyon ma non so di preciso cosa ho intorno, lo scoprirò domani. Dalla cima della rupe sopra di me, un belare impaurito ma attirato dal mio fuoco, quasi un lamento. Mi terrà compagnia per la notte... Mille pensieri in testa e solo una porzione di cielo chiaro che si distingue dalle pareti. Sono emozionato. Mi addormento dolcemente, ormai sono parte di tutto questo, i bivacchi a passo San Giovanni sono stati propedeutici, he he! [si veda a titolo d'esempio quisquiglie]
È già mattina, apro gli occhi e lo zaino è già sveglio. Gli chiedo perché non avesse già preparato il the. È un tipo di poche parole... Sono rapido e senza quasi accorgermene sono subito a caccia della traccia giusta da seguire. Oggi la tappa è lunga, ho fatto bene ieri a guadagnare quelle due ore. La traccia sale, dovrò arrivare ai 588 m di punta Lattone. Nel tragitto incontro le famose costruzioni dette cuili, micro casette circolari di pietra e tronchi di ginepro. Dei capolavori dell'architettura pastorizia del secolo scorso. Sembra di essere in un luogo fiabesco abitato un tempo da esseri strani e la sensazione è quella di essere un intruso. Sei indotto al rispetto come se qualcuno ti stesse osservando. Ma qualcuno c'è davvero, sono due alpinisti di Cagliari che marciano in senso opposto e l'incontro è piacevole. Loro fanno un'escursione di una giornata calandosi in doppia da dove venivo io. Mi chiedono dove sono diretto con quello zaino e se so dove trovare l'acqua. Strabuzzano gli occhi quando gli dico che sono da solo e autosufficiente. Ma mi fanno in bocca al lupo e io altrettanto. L'incontro mi ha dato fiducia. Nelle ore successive raggiungo la sommità del monte dalla quale si gode della vista di tutto il tratto nord del selvaggio blu. Ne ridiscendo il versante opposto sul filo di una cresta magnifica. Seguo l'istinto e la bussola e senza prendere tracce errate giungo ad una forcella. Qui un invitante cordino con maglia rapida su un tronco sembra dare la giusta direzione. Mi preparo per calarmi nel canale, poi un dubbio.. Meno male, se fossi sceso e avessi sfilato le corde... Non voglio pensarci, per fortuna l'istinto mi ha fatto andare oltre, trovando la traccia corretta in un canale più a nord. Le mandorle secche mi danno l'energia necessaria per proseguire. Da qui in poi massima attenzione, il bosco è ripido e a picco sul mare e l'unico obiettivo è trovare la prima catena di calata che si trova da qualche parte più avanti sull'orlo di precipizi. Il classico ago nel pagliaio, visto che il fondo è completamente rovinato da frane e tracce di capre selvatiche che non hanno nessuna intenzione di salvaguardare il sentiero di mio interesse. Così come la macchia, cresce fitta e un po dove gli pare, spero non abbia coperto alla vista la mia mitica catena. Decido di prendere la direzione che mi sembra più logica, la strada che farebbe un essere umano se fosse qui la prima volta, e non sbaglio. Dopo non poco tempo, alcune cenge e grotte capito esattamente sopra la sosta. Sono stato bravo ma non c'è tempo per compiacersi. Da qui in poi,  una volta giù non potrò più tornare indietro. Intrappolato sopra da enormi strapiombi e sotto da precipizi sul mare, un omino a metà tra il blu e il selvaggio. 

Sono qui per questo, guardo la catena, oltre solo il mare, visto che la calata è parzialmente nel vuoto. Mi fido e lancio le corde, sono emozionato. Decido di tenere lo zaino in spalle. Beh pessima idea.... Ma in un attimo (molto intenso) sono già giù. È ora di tagliarmi i ponti alle spalle. Urlo "cordaaaa" ed ecco sfilare il capo... È fatta. Quando non si parla con nessuno è strano sentire anche il suono della propria voce. Penso che la natura sia molto generosa, continua a stupirmi e a stupirmi di nuovo. Ricordo di aver detto molteplici volte "wow"!! Mi riassetto dal trambusto della calata e mi accorgo di non essermi ancora guardato attorno. Alzo gli occhi... sono in un posto incredibile. Una serie di grotte enormi, con la volta costellata di concrezioni calcaree e colate informi. Aperte sul mare, un balcone sull'immenso, tutto mio. Tra me e me penso a quanto bello sarebbe poterci arrampicare sopra, ma sono pervaso da una sensazione di rispetto quasi avessi profanato un luogo sacro entrando di nascosto. Qui il tempo si è fermato per preservare ciò che madre natura con il suo estro artistico ha abilmente modellato. Poco più avanti trovo una tanica per la raccolta dell'acqua che cade per stillicidio dalla volta della caverna. Riempio una bottiglia vuota e la tengo per emergenza. È ora di proseguire, sono quasi arrivato a Cala Mariolu [Cala Mariolu] ma è solo dopo aver percorso cenge esposte e vertiginosi traversi che posso slacciare lo zaino. Decido di bivaccare a metà di un grosso ghiaione che scopriorò più tardi essere una recente frana. Si è staccata dal pendio di fronte ed è scesa fino al mare invadendo in parte la bellissima spiaggia di Bacu Mudaloru [Bacu Mudaloru]. Immagino i turisti estivi arrivati via mare, cercare di accaparrarsi un posto in questo pardiso. Ma non ci riesco tanto bene, sono troppo distratto e affascinato da questo antro roccioso dal quale si sente uscire l'eco del mare. Faccio un giro di perlustrazione con la mia roncola e poi torno su al bivacco, lo zaino mi sta aspettando. Sembra sempre sul punto di scoppiare, con le cinghie tese al massimo però almeno non si lamenta per la fame!! Stasera il menù prevede 2 o 3 micro piadine con il salamino! Si fa buio e si alza un vento forte che mi farà dormire poco, ma la stanchezza ha la meglio. 
La mattina si parte con un imprevisto; rompo la clip di chiusura della fascia in cintura dello zaino, ma la vista del sole che incendia la parete rossa sopra di me per fortuna mi distrae. Tutti dovrebbero assistere almeno una volta nella vita, al potere del sole che sorgendo dal mare, arriva senza ostacoli a schiantarsi sulle rocce con la sua linea di fuoco. Lo fa senza rumore. Risalgo i fianchi della frana e sono di nuovo nella macchia. Le ore si susseguono, cosi come le grotte, i tronchi di ginepro da "funambolare", e le arrampicate da superare. Ricordo in particolare un passaggio molto esposto su un tronco, affrontato con troppa confidenza per il peso che mi portavo in groppa. Va tutto bene, solo un po di scricchiolii, sono sicuro che quel tronco adesso è ancora al suo posto!..... Spero... Arrivo così alla "grotta dell'acqua" e poi alla "grotta 5 stelle" , due posti dove se un giorno dovessi mollare tutto e scappare via, probabilmente mi trovereste li, sempre se ci arrivate!! Il bello di sentirsi in sintonia con l'ambiente è che scopri di avere un lato di emozioni primordiali e selvagge che è intrinseco dell'essere umano ma ahimè assopito dai computer e dal cemento. Faccio un po' di foto sceme e divertenti perché sono felice e poi proseguo nel cammino. Un doppia mi porta su un boschetto e il boschetto a delle cenge e le cenge lasciano spazio a un bellissimo arco di roccia sopra "Bacu su Feilau". Mi fermo a mangiare perché la location è troppo figa! Ora devo scendere nel greto del canale sottostante, attrezzo una doppia fuori programma perché questo giro non mi fido dei tronchi sospesi. Arrivato giù,  non so perché, (ma sul momento sicuramente avrò avuto le mie buone ragioni)  costruisco un banjo con la pentola della minestra. Mi viene carino e anche se non suona non importa! È carino e basta! Si riparte, trovo la ripida traccia che esce dal canale nel lato opposto e mentre salgo scopro che i pinnacoli di roccia circostanti hanno delle forme incredibili, sembrano modellati con il didò. Il meteo peggiora, per la prima volta fa un po di freddo e inizia a piovere, ma sono fortunato perché dura poco e torna subito il sereno. Mi trovo alto sulla scogliera, sono sopra alla costa del bue marino e sono a caccia del mio bivacco serale chiamato "Mancosu". Vagabondeggio verso nord, il luogo è molto strano, quasi lunare, un altopiano di rocce bianche e taglienti a perita d'occhio. Una traccia costruita in epoche lontane da qualcuno con tanta pazienza sembra andare nella mia stessa direzione, ma a un certo punto, senza nemmeno rendermene conto, sono in campo aperto che saltello da una scaglia di roccia all'altra. Mi sa che sono fuori strada! So che sto andando nella giusta direzione,  ma forse dovevo stare piu basso o piu alto. Poi scorgo di nuovo la traccia cento metri piu giu, ho il mio bel da fare per rientrare in pista! È quasi sera e arrivo a destinazione. Il mio cuile "piddi" mi aspetta per una notte di sonno incantato! Come pensavo non c'è la coda alla reception! He he! Questo posto lo porterò per sempre nel mio cuore. Come può una casetta di pietre e tronchi di 2 metri quadrati essere cosi accogliente e spartana allo stesso tempo? Forse siamo noi che ci circondiamo di cose inutili, perché in quel momento non avevo bisogno di nient'altro, mi bastava il caldo abbraccio del focolare acceso e il profumo del ginepro.

Nessuno mi corre dietro e non ho fretta, ma appena prima di cadere in un sonno profondo, metto la sveglia presto, voglio vedere il sole sorgere dal mare perché sono in un punto veramente privilegiato! spengo il fuoco e poi dico: "buona notte isola che non c'è!" Il mattino arriva dolcemente, senza fretta,  senza shock e mi alzo con la stessa curiosità di quando da piccolino arrivava santa Lucia a portarmi i giochi. L'alba è unica, ammiro questo quadro dal valore inestimabile perché tra poco svanirà nelle increspature delle onde. Mi vengono un po' di brividini un po' per lo spettacolo e un po' per il fresco. Mi accovaccio nel mio maglione di lana ciccione e non penso più a niente! Immagina un posto talmente bello, dove ad un certo punto ti accorgi che hai gli occhi chiusi, come se fosse il modo migliore per osservarlo. Coi piedi a penzoloni su una scogliera senti il profumo del mare davanti e della primavera da dietro. Per un attimo non è più inverno, per lo meno dentro di me.
Non ricordo quanto tempo sono stato li, ma quando riparto il sole è già alto. La tappa di oggi prevederebbe due lunghe calate, arrivo sul ciglio dello strapiombo ma non me la sento. Non ho mai rimpianto di aver aggirato quel punto con un altra strada, ero alla ricerca di qualcosa dentro di me che forse stavo trovando ed ero già appagato. Mi ero inventato un modo per calarmi 60 metri con una sola mezza corda e poi recuperarla con un cordino agganciato ad una molla fatta con una pallina da tennis gialla bucata. Sembra strano ma funzionava e mi ero allenato a questa pratica. Ma in quel momento ho deciso di no, forse ho pensato a casa o non lo so... Nella mia carriera alpinistica ho rinunciato tante volte alla vetta o ad un traguardo o ad un passaggio. Non me ne pentirò mai. È di stimolo per tornarci, o portarci qualcuno e condividere queste meraviglie. Effettuo quindi un lunghissimo giro alternativo che mi porterà alla sera nella stessa tappa finale, la bellissima spiaggia di Cala Sisine [Cala Sisine]. Durante la giornata metto a dura prova la mia mente, lo zaino è ancora pesante, anche se è quasi la metà di quando sono partito e la strada molto lunga! Ma a tenere alto il morale c'è il fatto che oggi è il mio compleanno!mi sono portato un pacchetto Fonzies per festeggiare! Sono tanti i messaggi di auguri e mi emoziono, forse non mi merito tanti cari amici, io mi scordo sempre dei compleanni degli altri, sono una frana! 

L'avventura sta per finire, sono contento. Ho fatto qualcosa di diverso, me la sono spassata, ho visto un mare incredibile di quello che ti incanti nei suoi riflessi. L'indomani dovrò solo farmi gli ultimi 20 km e cercare di trovare la macchina, la mia cara Fiestina, con lei sono quasi arrivato fino alla luna! Lascio un pezzetto del mio cuore in questo angolo di paradiso, perché mi è servito a distrarmi da alcuni dispiaceri che la vita ti pone davanti. Un grazie alla mia nonna che mi ha aspettato prima di partire anche lei pochi giorni dopo... Buon viaggio nonna Lucy! Ci ho messo qualche tempo a scrivere questo riassunto di forti emozioni, l'ho fatto a più riprese e solo dopo 3 anni lo concludo. Sarebbe stato un peccato non farlo, grazie anche ad A che mi ha buttato li l'idea. E visto che ora è lui in viaggio colgo l'occasione per passargli il testimone e consigliargli di tenere strette tutte le nuove sensazioni, e di farlo subito, perché se aspetti anche te tre anni si perdono tanti particolari! :-) e visto che si parla di te ne approfitto per farti gli auguri di compleanno con 5 giorni di ritardo! Non sei riuscito a venire con me in Sardegna quella volta, e io non riuscirò a venire a trovarti in Canada, ma ricordati una cosa, ci saranno altre mille occasioni e quando saremo nel deserto con la sabbia nelle scarpe ti dirò: go ahead jump!

Gio


Ecco qui, spero vi sia piaciuto come è piaciuto a me....
A presto, buoni allenamenti a tutti!

JMBReRe (con ginocchio gonfio e le palle girate)...quanto è distante il Monte Bianco oggi....