«En redescendant, le cœur léger, je sifflote gaiement. Je viens de gagner le ticket pour le cap Horn, l’Amazonie… Ah ! Connaître l’enfer vert, la chaleur suffocante, les moustiques, les papillons aux ailes moirées, manger de la soupe de perroquet Ara, de la queue de caïman, avaler des larves gluantes, découvrir les mers du sud, entendre rugir le vent des quarantièmes, entendre hurler celui des cinquantièmes en doublant le cap Horn, siffler le dauphins qui dansent au clair de lune, apercevoir les glaciers qui brillent au fond des fjords ! Je veux vivre à en crever…»
JMB

lunedì 15 dicembre 2014

Storiella + Novembre 2014

Il racconto che segue non ha riferimento a fatti realmente accaduti. E' frutto della fantasia.
Chiaro che leggendolo ognuno non potrà fare a meno di ricreare nella propria testa immagini di situazioni conosciute. Io l'ho fatto.
A me il racconto che segue lascia un po' di amaro in bocca e un po' di freddo nello stomaco.
Sarebbe bello, e in questo sta il mio tentativo, direte voi se fallimentare o meno, di far soffiare un po' di vento. Vorrei fissare per un attimo le immagini che seguono nel posto recondito dove i pensieri diventano ricordi e dove i ricordi diventano morali, fino ad influenzare il nostro agire. Questo flusso di ricordi, pensieri, idee, immagini è quello che io chiamo vento, in questo contesto. Il vento che soffia in montagna porta il timore del freddo e ci fa rabbrividire e noi reagiamo magari tremando e sfregandoci le mani. Allo stesso modo vorrei creare una piccola folata sulle cime delle montagne che ognuno di noi porta dentro per rabbrividire un attimo dall'interno: uno di quei brividi che ci fa scaldare, amare, agire per poter sperare un poco di più in una vita da uomini.

Girano molte storie di montagna. Spesso si tramandano di bocca in bocca e non si riesce mai a fissarle. Sfuggono, rimbalzano, si appiccicano. Le storie di montagna sono appiccicaticce.
La storia della montagna Rossa una di queste. Il protagonista di cui si narra potrei essere io, potresti essere tu, potrebbe essere lui. Potrebbero essere tutti. La montagna, potrebbe essere una strada. La valanga, quella, potrebbe essere una macchina. Insomma...La montagna è un pretesto. Giusto per dare al testo un contesto. 
Si racconta di un ragazzo che venne investito da una valanga sulla cima Rossa, sulle propaggini del monte Calendo, nella Verbania est. Accadde in marzo: mese autunnale nell'emisfero Australe. Lui aveva l'abitudine di avventurarsi in alta montagna da solo.
Alla vista di quel gigantesco fronte di valanga che si staccava e che veniva a lui presso, si sarebbe ricordato di quel giorno in cui, molti anni prima, aveva visto picchiare una ragazza, e dei nodi nel legno delle assi del soffitto del bivacco sotto cui si riposava solamente un mese prima e dove aveva pronunziato una tremenda profezia.
Se solo avesse avuto il tempo, di fronte a quel pezzo bianco di geologia glaciale che gli si abbatteva contro con una furia titanica, avrebbe maledetto tutte le scelte da uomo che non aveva fatto nel corso della sua vita. L'ultima, la più fatale –la pronuncia della profezia- non era diversa dalle altre. La realtà è che ormai da tempo aveva cominciato a seppellire da solo l’uomo che c’era in lui.
Il setto nasale se l'era rotto -ma più correttamente, per essere più gentile nei suoi confronti, dovrei dire che se lo fece rompere- una mattina grigia di dicembre di molti anni prima della caduta della valanga. (Ecco, io lo racconto così, e in effetti scrivo così, perché, come detto, vorrei essere gentile con lui. La realtà è che non si sa bene se quel setto nasale lui non se l'era rotto per una gomitata. A dire il vero non so neppure se se lo fosse rotto. Questa storia però è diventata parte di lui, e forse anche lui aveva finito per crederci. Aveva finito per avere un setto nasale rotto dalle sue fantasie, dai suoi rimorsi. In ogni caso, non voglio essere cattivo, dirò solo che il suo setto nasale si ruppe). Non so se si ruppe nelle circostanza in cui lui raccontava che si ruppe. Ecco però io credo che se è vero che il suo setto nasale si ruppe veramente nel modo che è solito raccontare, non sarebbe vissuto tutti quegli anni nei suoi bui rimorsi fino al giorno della valanga. Bui rimorsi. Si, perché è da quel triste mattino che la sua vita poco a poco cambiò. E fu da quel mattino che cominciò ad andare da solo per le montagne. In quel triste mattino della sua adolescenza camminava incappucciato nelle nebbie e nei vapori di una ferrovia. Quello che vide, sarebbe rimasto a lungo nella sua memoria: due figure scure, di un uomo e una donna si fronteggiavano. Sentiva le voci dei due che si alzavano sempre di più e percepiva una strana elettricità nell'aria. Ad un tratto la figura dell'uomo mosse un braccio e spalmò con violenza il suo polso sullo zigomo e poi sulla guancia e sulle labbra della figura della donna, che precipitò a sul fianco sinistro sorreggendosi a malapena con ginocchia e mani. Il ragazzo sentì un violento calore salirgli il collo e poi la testa e il cuoio capelluto. Fino a dargli la sensazione di potersi esfoliare come un serpente. Una parte di lui agì di istinto e avvolse le sue braccia attorno alla figura dell'uomo cercando di immobilizzarla. Fare a botte non era il suo mestiere. Tanto che, la sua azione tanto cavalleresca dal piglio eroico e dall'impeto coraggioso, prese i connotati incoerenti quando finì per biascicare: "ma che cosa fa?, si contenga!". Sentì le braccia disserrarsi e le costole piegarsi una ad una come i tasti di una pianola. La figura dell'uomo, in cui, finalmente riconobbe (che sorpresa) un uomo!, si dimenò e si liberò dalla presa. Quando fu libero di muoversi ruotò spalla e braccio all'indietro facendo fermare il suo gomito sul naso del ragazzo che, impreparato a tanta violenza, cadde supino sul sedere come se gli avessero sfilato il tappeto da sotto i piedi.
Ma l'uomo, che probabilmente di violenza e di mattinate fredde nelle ferrovie aveva vissuto, non si curò neppure di quel naso rotto, ma fece rialzare la figura della donna –nel quale si riconobbe, che sorpresa! una donna!- e con uno strattone la portò via nel buio. Mentre la strattonava e cercava di farla camminare impedendole di lamentarsi, passò davanti all'altra parte del ragazzo che nel frattempo se ne era stato immobile, con le mani in tasca, senza far nulla, sulla soglia di quella scena. Il ragazzo con le mani in tasca guardava sbigottito il ragazzo che, a terra, si teneva il naso e che gemeva per il dolore. Questi si mise una mano in tasca per cercare un fazzoletto con cui fermare il flusso di sangue vermiglio che sgorgava dalle narici. Orribilmente viola, una macchia di sangue si accumulava sotto la sua pelle, fino al di sotto degli occhi lucidi. Il ragazzo con le mani in tasca rimase con le mani in tasca. Non provò nessuna pena, ma al contrario, provò commiserazione. Tra sè e sè ripeteva: "ecco, hai visto che succede a non farsi gli affari propri...ed ecco...ciò che rimane di un uomo ora...una pettola insanguinata per terra. Uno sputo di catarro rosso...".
Quell'immagine, ma soprattutto quel pensiero, non lo avrebbero mai più abbandonato. Gli anni passarono e agli anni si aggiunsero ad altri anni. Quella commiserazione per l'altro si trasformò in commiserazione per se stesso. Perché aveva capito che di quel ragazzo maldestro che si era fatto rompere il naso non rimaneva molto, una volta che lo si guardava con le mai in tasca dall'alto in basso; ma di quel che rimaneva, almeno c'era qualcosa di essenziale, qualcosa che lo faceva rimanere uomo. Ecco cosa rimaneva di un uomo: qualcosa. Mentre a lui, al ragazzo con le mani in tasca, non rimaneva neppure quello. Quella macchia di sangue, non sarebbe mai andata via. Si sarebbe per sempre odiato per la commiserazione che aveva provato. Giurava di esser stato il ragazzo colpito da quel folle gomito, ma forse avrebbe solo voluto esserlo.
Ma ora, ora, era di fronte ad una montagna che cadeva. Un respiro gelido lo investì con l'urto di una tempesta. I suoi piedi si fecero molli e le gambe non rispondevano. Avesse dovuto descrivere quel vento, avrebbe detto che quello era l'alito di Giove. Si trovava di fronte allo scatenarsi della forza più grande che avesse mai immaginato: che annunciava il crollo del mondo e delle cattedrali della terra. Un boato immenso, di un ingombrante e assordante spessore, lo raggiunse e lo sorpassò; e con esso, un urlo straziante. Il grido di un cavallo bianco che veniva ammazzato dentro di lui cavalcava un’ondata il brivido: era il grido senza fiato della paura. Era il terrore.
All'alito fecero seguito, nell'ordine: il getto di cristalli, la raffica di schegge e la l'ondata di polvere. Ma fu dopo l'ondata di polvere che lui smise di distinguere. Distinguere colori, distinguere pensieri. Distinguere sensazioni, distinguere dove e come, fosse posizionato ogni pezzo del suo corpo. Fu allora che quel vomito bianco lo colpì, lo avvolse, lo abbracciò e lo trascinò per sempre con se. La neve polverosa si infilava nella giacca e nei pantaloni. Poi su per le narici e per ogni condotto che nel mondo dei vivi quel corpo  adoperava per nutrirsi d'aria. Neve fino alla gola. Polvere d'acqua e ghiaccio fino ai polmoni. Perse conoscenza. Poi perse la possibilità di riprendere conoscenza. Poi più nulla, ovvero, la sua conoscenza sparì, le cellule cerebrali che si erano spente a milioni in quel folle rimescolamento erano all'estinzione. Dal corpo senza più vibrazioni e tremori quella tempesta bianca aveva preso ciò che rimaneva dell'uomo: l'essenziale. Era diventato ghiaccio, quell'uomo diventato montagna.
Poi, silenzio. E ancora silenzio. Perché la montagna fa rumore ed esige silenzio. Senza appelli. Ore dopo, una folata di vento sollevò un turbine di neve e ghiaccio dalla cima, proprio sopra al pendio, dove, in quel primo pomeriggio, si era staccato un cornicione carico di neve. Ci fu uno sfarfallio di brillanti faville bianche e azzurre che poi si fecero trasportare giù per i pendii innevati. Nell'ultimo chiarore del crepuscolo, che colorava di rosa e di oro ora solamente le cime, fischiarono nelle serrature dei crepacci e sfilarono attraverso dei torrioni di roccia monumentali. Scesero ancora, intatte nel loro splendore. Sembravano la scia di una cometa. Si abbassarono ancora fino alla porta del bivacco, baluginarono intorno alla lampada accesa all'esterno e quando capitarono di fronte alla finestra chiusa, si spensero e caddero nel buio della bassa quota. In quel bivacco ci aveva dormito solamente un mese prima. Quella volta in cui aveva aspettato per un giorno intero il bel tempo. Quella volta, mentre si riposava nel caldo del sacco a pelo con le braccia incrociate dietro la testa, osservava le nodosità del legno chiaro di cui erano composte le assi del soffitto. Quei nodi sembravano delle lacrime. Sembrava che ci fossero solo dal momento che l'albero dalle quali erano state estratte aveva pianto per il dolore. Accanto ai nodi: strisce scure, serpeggiavano eleganti. Fissandosi sulle strisce non erano più i nodi ad essere gocce immobili, ma erano le strisce ad essere scie ferme delle lacrime sui loro volti polverosi. Ora invece i nodi erano immobili pilastri a cui l'acqua di quel fiume di dolore fluiva accanto. Dal tavolo, una candela faceva luce senza convinzione e metteva in movimento ogni cosa con le sue ombre rossastre e gialle e arancioni. Sembrava che il soffitto potesse prendere fuoco, ma che, sorprendentemente, ci si sarebbe potuti rimanere avvolti come in un caldo abbraccio. Riguardò il legno del soffitto: i nodi come gocce e le strisce come filamenti che se le contendevano. Poi riguardò ai nodi come noccioli immobili e vide di uovo le strisce muoversi. E poi pensò al gusto fruttato del vino, alle botti di rovere, all'immobilità del legno senza vita. "Che bello il nome Amaranta", sospirò. "Sembra un nome da legno, da albero. Ah! Potessi vivere in un albero". Lo sguardo finì poi sulla finestra. Poi attraverso la finestra fino alla nebbia azzurra e pallida che avvolgeva e premeva sul rifugio. C'era un pallore speciale. La luna piena non aveva forza per bucare le nuvole basse, ma le riempiva con talmente tanta smania di quel suo colore di perla che se qualcuno avesse detto: "ancora un po' e le nuvole scoppiano" nessuno avrebbe detto niente per deridere la sua eccessiva esclamazione. E la pressione della nebbia piena di luce fu talmente forte che compresse tutti i pensieri dell’abitante del bivacco fino all'immobilità totale. Scese la pace del sonno nel caldo delle coperte e nell'immobilità dei pensieri: persino le ombre proiettate dalla luce della candela sembravano fermarsi. Nodi e strisce che fino a quel momento aveva fatto muovere a suo piacimento solo con un semplice cambio di prospettiva, erano ferme immobili a pochi centimetri dal suo naso.
"Sai....", disse: "se ci trovassimo la fuori, investiti da una valanga e dovesse restare sotto solo uno di noi due, e si potesse scegliere tra i due chi potesse essere il travolto e chi potesse essere quello salvo con in mano l'ARTVA*...beh, io sceglierei di essere quello sotto."
Non stava parlando da solo. Stava parlando a quel ragazzo che, anni prima, aveva visto farsi rompere il naso da una gomitata. Insomma … Non aveva smesso di non essere uomo, nelle sue scelte.


E nessuno sopravvive a se stesso. 


(* l'ARTVA, ovvero il dispositivo per la ricerca dei travolti da valanga)

JMBReRe

Allora il diario invece:
Settimana 24-30 Nov
  • corsa: 8 mar, 10 mer, 10 dom;
  • bici: 50 sab;
  • secco: gio, ven, dom;
  • nuoto: gio, ven, dom;
Settimana 1-7 Dicembre:
  • Secco: mar, gio;
  • Nuoto: mar, mer, gio;
  • Scialp: 600 sab, 700 dom;
Settimana 8-14 Dicembre:
  • Scialp: 700 lun;
  • Secco: mar, gio, sab;
  • nuoto: mar, mer, sab;
  • corsa: 8 ven, 14 dom;
Quindi novembre 2014 conta:
  • Corsa: 13 all, 130 km;  :-)
  • Bici: 6 all, 245 km;       :-/
  • Nuoto: 8 all;                  :-/
  • Secco: 11 all;                 :-)
Nel complesso, direi ->   :-)

Cosa avevo fatto negli scorsi anni a novembre???

2013 
  • Corsa: 161 km per 14 all;
  • Bici: 130 km in 3 sedute;
  • Nuoto: 7 all;
  • Secco: 8 all;
  • Scialp: 2 1000 e 600 D+;
  • Esc: 1 da 500 D+ easy;
2012 invece? Novembre:
  • Corsa: 12 All, 146 km :-\ 
  • Bici corsa: 1 da 25 :-(
  • Secco-Pesi: 8 all ;-P
Nel 2011 cosa avevo fatto??
  • Corsa: 13 tot 115 km;
  • Mtb: 5 tot 120 circa....molto circa;
  • Bici da corsa: 1...cosa???? :-0 che schifo...
  • Nuoto: 1...cosa???? :-0 che schifo...
  • Trave: 6, ok...
  • Arrampicata: 2, ok...
Fate i bravi...

lunedì 24 novembre 2014

"Elogio della tecnica" o "Pezzi d'anima" o "Morire alle Azzorre" (+ Ottobre 2014)

Ecco.Non so se è troppo.
Però questo è quello.

Armando è uno dei tizi che il mercoledì sera viene a fare il corso di apnea in piscina. L'ho conosciuto mesi fa, perché si stava allenando nella corsia accanto alla mia.
Ecco lui è stato operato da poco ai ventricoli. Che io neanche sapevo che esistessero i ventricoli. Ad ogni modo il medico gli ha detto di andarci piano ad allenarsi.
L'apnea è uno sport (posso chiamarlo sport?) di notevole impegno fisico e mentale. A me fa paura l'apnea. Armando mi dice che è fondamentale la concentrazione e il rilassamento.
Ed è per questo che lui pratica. Per rilassarsi, per star meglio, perché gli piace...perché...eh. Vediamo....Passione, talento, arte, sono parole abusatissime. A dire la verità secondo me
quando si fa una cosa ripetutamente senza che nessuno la chieda e non si sa dire perché la si fa, beh allora siamo molto vicini ad aver centrato il mezzo con cui ci esprimiamo.
E molte volte lo facciamo da soli. Una volta ho sentito dire che "passione è ciò che fai quando nessuno ti guarda...". Mah, chissà...ma non divaghiamo...
Armando, ecco.
Vederlo il mercoledì sera alle 21 e 20 entrare in acqua dopo una lunga giornata di lavoro mi ricorda proprio questo concetto.
Dopo l'operazione ai ventricoli, va piano. Fa due vasche in apnea invece che tre. Perché il medico gli ha detto di calmarsi un po'. Ha la pancetta, Armando...e una muta nera e blu un po' bruttina ecco...
E poi una maschera. Che gli da proprio un aspetto strano. Una barba spesso incolta. A dire il vero ha anche dei denti storti. Ma un sorriso fantastico. Si perché
quando si riposa tra una serie e l'altra e magari si mette a chiacchierare con te e ti spiega tutte queste cose, lui ride. Quando ti parla dell'operazione, delle lunghe giornate di lavoro
, delle due vasche invece che tre...ride. Contento.
Io ci vedo il suo modo di voler bene ai suoi cari. Il suo modo di ricambiare ciò che ha avuto. E' il suo modo di esprimersi.
Non so, io credo nella forza di queste cose.

Nessuno può dirti in cosa o come devi esprimerti.

Per favore la libertà d'espressione. Che poi oggi è attraversare con il rosso. O attraversare i binari davanti al cartello "vietato attraversare i binari". Libertà oggi è il fumarsi lo spinello proibito.
Fare le 4 di notte in discoteca e poi venirsene fuori con frasi "ciò che facciamo in vita riecheggia nell'eternità"..."vivi come se dovessi morire domani"...ma perché hai bevuto 10 gin tonic e sei splendido?" ma vaffanculo...
Questo è peggio di un surrogato della libertà d'espressione.
La libertà d'espressione, intesa come naturale esternazione della propria individualità è "pino nella nebbia". Si sta rinchiudendo in un barattolo di conformismo. Tutto tracciato e recintato.
Riprendersi il diritto di esercitare la propria individualità parte anche nell'esprimersi in ciò in cui ci si sente di riuscire a farlo.
Ma Saviano aveva ragione. Chiunque abbia voglia di mettere il proprio ramo fuori dalla nebbia viene rimesso a posto.
Ci provano a rimetterti a posto. Ma non accade sempre. Perché fuori dalla nebbia c'è il sole, e la vita trova sempre la strada per rinnovarsi.

Per diventare ciò che si è nati per diventare passa senz'altro per il fare le cose come libere scelte. Riprendere e pretendere il diritto di avere i propri mezzi, per esprimersi.

Solo che serve la tecnica per esprimersi.
L'apprendimento della tecnica può sembrare freddo. Metodico. Troppo razionale per esprimere qualcosa che, in realtà, verrebbe meglio se espresso naturalmente. Ecco perché la tecnica deve essere
assorbita. Perché deve diventare parte del proprio movimento nello strato più recondito e legato, dei fasci muscolari.

"This is a guitar, not a fucking bike. Not a piece of steel."
Il mio vicino è inglese, beninteso. Lui è musicista. Mi sprona a prendere in mano la chitarra. "Perché la chitarra è un pezzo d'anima".
Non devo imparare meccanicamente la tecnica. "Just....you know...play it...".
Cavoli...questo non riesco a farlo...non con la chitarra perlomeno. "Non ho la tecnica adeguata", mi giustifico io.
Tento di spiegare l'utilità di imparare la tecnica, no? L'esercizio meccanico, l'attenzione, il metodo, il rigore che di solito delinea schematizza, inquadra la mia settimana d'allenamento.

Tento di spiegare invano che anche uno che va in bici può metterci l'anima mentre lo fa. Lui replica che non può sentirmi mentre vado in bici. Non riesco a comunicare.

Totalmente vero, penso in prima istanza.

Rientro a casa. Non mi va di seppellire la cosa con un "totalmente vero". Soprattutto quando entrando dalla porta, vedo la mia bici. La tengo in salotto perché la casa è angusta.
Non distante c'è la tavola da snow. Li accanto attrezzi di ogni tipo. Legna da ardere. Scarponi da scialpinismo. Scarpe da running e scarpe da trail. La muta, che è meglio
stenderla quando non la si usa. Chiodi da ghiaccio che penzolano attaccati a moschettoni arrugginiti. Calzettoni usati e non. Cronometro. Vecchi pettorali di gare passate. Cinturini riflettenti. Frontali. Pantaloni lunghi o corti. Caschi: da bici, da snow, da roccia...
Non c'è fine a tutta questa schiera di strumenti.
Li guardo con malinconica rassegnazione.
Esco dalla discussione un po' scosso. Ma non desolato. Ancora una volta, mi dico, è questione di equilibrio.
Come fa uno a "suonare e basta"? Da qualche parte, nella sua vita, il suo corpo ha assorbito la tecnica necessaria.
Se lo si fa senza pensarci o con metodica dedizione poco cambia. Quello che serve è la tecnica da utilizzare sul mezzo che si usa per esprimersi. La tecnica è il "mezzo per giungere al mezzo". Con il mezzo, facciamo uscire definitivamente ciò che arriva da dentro.

Guardo la sbarra della Lat Machine oscillare sopra la mia testa. Guardo l'acqua della mia corsia che si acquieta e che aspetta il mio arrivo.
Io dico: Un pezzo d'anima è tutto ciò con cui riusciamo ad esprimerci.

Mi sono arrivate le foto di una maratona fatta di recente. Ce n'è una fatta al 41mo chilometro. Ho una faccia bruttissima (non che di solito sia meglio). Una postura pessima.
Il ginocchio sinistro traversa e, in basso, il piede letteralmente schiaccia e deforma la tomaia delle mie vecchie scarpe.
Non sono scarpe. Sono parte di me. Fanculo a dei pezzi di gomma e tela. Sono le mie scarpe.
"E' la mia rosa", diceva il piccolo principe.

Non so, io comincio a pedalare, una mattina di novembre. Ho dormito poco, ho un vago mal di testa. L'aria frizzante si infila su per le narici. Sento il fresco delle gambe ancora scoperte, prima dell'arrivo dell'inverno definitivo.
La mia bici me l'ha regalata mio papà.
La inforco il sabato mattina. A volte sembra di essere in due a pedalare. Ricordo i suoi racconti. Di passi dolomitici. Di deserti del Marocco.
Penso ai nomi mitici. Allo Zoncolan, al Gavia, al Giau, al Tirolo....sento quasi il profumo degli aghi di pino dello Stelvio...la polvere rossa del deserto.
Fanculo ad "un pezzo di metallo".
Cos'è questo, se non un pezzo d'anima?

Io, forse, ma devo ancora scegliere bene, se dovessi morire domani, probabilmente prenderei un aereo per Lisbona. Arrivato al porto, comincerei a nuotare. Così, verso il tramonto.
Verso l'oceano sconfinato.
Magari prima di mattina arrivo alle Azzorre.

La tecnica è fondamentale. Ma concentrarsi sulla tecnica è come concentrarsi sul modo in cui è scritto un racconto. Os ugli erorri che ci sono detnro :-)
La cosa più bella è leggere senza accorgersi di leggere. Idee, pensieri, saltano dentro senza che ci sia bisogno di masticare.
Lo stesso vale per la tecnica. In corsa, in bici, sugli sci, con la chitarra. Se lasci andare la tavola e riesci a goderti il momento...
lasci andare le dita e riesci a sentire gli accordi. Come quando hai sete e bevi. Ecco, non ti concentri sul bere, senti quella meravigliosa sostanza che scorre in gola e ti raffredda lo stomaco.
Robe così...

Ricordandoci che anche forzarsi a fare allenamento è una libera scelta.
Armando è uno che suona bene.

Ciao...
JMBReRe

Basta ora...

Allora qui c'è un casino che metà avanza. Mettiamo a posto il diario:
eravamo mi pare a:

Settimana 13-19 Ottobre:
  • Corsa: 8 mar;
  • Bici: 60 sab;
  • Nuoto: lun, mer, gio, sab;
  • Secco: sab;
Settimana 20-26 Ottobre:
  • Nuoto: lun, mar, mer, gio;
  • Secco: mar, mer;
  • corsa: 8 ven; 20 dom;
  • Bici: 60 sab;
Settimana 27 Ottobre 2 Novembre:
  • Secco: lun, gio;
  • Nuoto: mer, gio;
  • corsa: 8 mar, 8 ven, 12 sab, 16 dom;
  • Bici: 25 sab, 30 dom;
Settimana 3-9 novembre:
  • Secco: lun, sab;
  • Nuoto: mer, sab;
  • corsa: mer 11, ven 8, sab 8;
  • Bici: 60 dom;
Settimana 10 - 16 Nov:
  • Secco: lun, sab;
  • corsa: 9 mar, 8 ven, 8 dom;
  • Bici: 30 sab;
  • nuoto: lun, sab;
Settimana 17-23 nov:
  • Corsa: mar 12, 8 gio, 10 ven;
  • bici: 50 dom;
  • secco: mer, gio;
  • nuoto: mer;

Ottobre 2014 così conta:

  • Esc: 500 D+...va beh...          :-(
  • Corsa: 11 all, tot: 134 km;    :-/
  • Bici: 4 all; 220 km;               :-/
  • Secco: 5;                               :-/
  • Nuoto: 11;                            :-)
Ma ora ecco il solito confronto con gli alter-ego degli anni scorsi...mi pare che l'anno scorso ci avevo dato dentro di più! Ma ricordo che avevo le due maratone in una settimana in ballo. e successivamente mi ero infiammato il ginocchio destro e mi ero costretto ad un inverno paurosamente povero di km su terra. Quest'anno spero di fare meglio. 


Ottobre 2013 così contava:
  • Corsa: 18 all, 268 km;
  • Bici: 5 all: 290 km;
  • Nuoto: 9 all;
  • Secco: 5 all;
  • Mtb: 1 da 50...
Ottobre 2012 invece?? non avevo ancora cominciato a nuotare forse...
  • Corsa: 16 All, 245 km ... ehm... ok....; 
  • Bici: 8 All, 427 km; 

venerdì 24 ottobre 2014

Stelle filanti calpestate

Come sempre, quando manca l'ispirazione non è male farsi aiutare con qualche citazione ;-) ...
Ho letto un libro tempo fa... E queste sono delle frasi tratte da quel libro...(spero di aver tradotto bene)...intanto ecco....mentre scrivevo questo post, intanto, ascoltavo questa musica.


Comunque:
Si domandava (NB: il protaginista)

[...]
Perché si può insegnare a dipingere e a disegnare, ma non si può spiegare a qualcuno come amare?
Cosa contraddistingue una vita da un'esistenza?

[...]
In realtà non aveva mai ammesso davanti a se stesso di poter fare a meno della fede nel Creatore.
Infatti non aveva abbastanza fiducia nella logica per poter potervi trovare rifugio per ogni ragionamento.
In altre parole, i suoi ragionamenti senza coda terminavano con l'appoggio di un Creatore cieco: all'esigenza servile e all'occorrenza assente, dotato del minimo potere necessario e sufficiente per poter far tornare a casa, entro mattina e ad ogni costo, una risposta.
Ma Arnus, da quel giorno, non avrebbe più avuto bisogno di una fiaccola da seguire per dimostrare l'assenza del destino.
Non credette più nella cecità di un Creatore. Non fu che perse la fiducia nella logica ma, se dovessi descrivere la via seguita, direi che sulla spiaggia della logica camminò i suoi ultimi passi. Le sue orme finivano dove la fede faceva bagnare i piedi e portava le sue piccole onde: dove il suo Creatore cominciava a riacquistare la vista.
Ma non perché avesse ricevuto risposte: aveva solamente meno domande.
L'eterno ripetersi del perché, che l'aveva martellato fin da bambino, aveva concluso il suo ciclo una domenica d'ottobre. Al di là di quel muro, nulla. E nulla che necessitasse spiegare il perché di quel muro e la sostanza di quel nulla. Nulla, su "come" quel nulla. Nulla, su "dove" quel nulla. Nessun perché. Tutti i perché.
Lei era il senso delle cose. Da li partivano, a li tornavano.
Se gli avessero chiesto perché le foglie cadono in autunno, lui avrebbe risposto: -"è per lei che le foglie cadono in autunno"-.

Lui, che non si era mai ritenuto narratore onnisciente del suo stesso libro, dovette ammettere di conoscersi meglio di ciò che pensava. Quel giorno Arnus cominciò a bastare a se stesso.
La sua, cominciava ad essere una vita.

[...]
Per Arnus stava proprio in questa rinuncia alle domande, in questa dissociazione dalla necessità di risposte, la via dell'abbandono senza rancore della logica a se stessa: l'abbraccio cosciente, innocente, caldo, innocuo, compassionevole della fede.
Logica e fede: non importò più dove finiva una e iniziava l'altra. Nella meraviglia di quel momento percepiva l'importanza della dimensione umana del narratore del suo libro: si sentiva, finalmente, l'artista dell'opera della sua vita.

[...]
(H.F. Il sogno dopo)

Ora...invece la prossima l'ho trovata in uno dei miei libriccini preferiti:

[...]
C'e una strana malinconia in quella stanza vuota. La stessa malinconia della piazza vuota dopo il mercato del giovedì.
[...]
Il giorno dopo del carnevale carnevale di Amal-Alconcha, lo spazzino raccoglieva stelle filanti calpestate. Risate accartocciate. Goliardate accantonate.
[...]
Ma io adoravo quella malinconia. Dolce malinconia.
[...]
Avevo l'abitudine di rimanere in sala, nella solitudine dei titoli di coda, fino a quando le luci non si accendevano e facevano comparire, come per magia, pallini bianchi di popcorn sparsi sul pavimento. Come uno spazzino, raccoglievo i pensieri degli spettatori: le risate accartocciate, le stelle filanti calpestate.
[...]
(C.A.H. I diari)

Beh, ecco. Sarà quello che l'autunno porta. Quest'aria tiepida. L'odore di terra bagnata. Le corse al buio. I tramonti. 
Riprendono gli allenamenti in piscina: vetrate appannate, corsie affollate. 

Ma le sensazioni si alternano. La medicina è agrodolce. La malinconia è dolce, appunto. L'abbandono è calmo. 
Quello che voglio dire è che ci si sente in sintonia con l'autunno, in questo periodo più che mai. Quando e come? 
Vi faccio qualche esempio....quando si lascia la macchina per l'intera giornata in un posto e poi la si riprende la sera magari, è piena di foglie sul parabrezza. Bellissimo guidare e vedere volare via le foglie, di minuto in minuto. Quelle foglie marroni, verdi, gialle, rosse, arancioni. Spiegazzate, accartocciate. 
Quando vai a correre tardi la sera, non ti sembra di essere lo spazzino che passa il giorno dopo della festa? Passi accanto alle case e vedi ombre di gente che si siede sul divano e luci soffuse di comodini. Ti sembra di calpestare stelle filanti e di raccogliere solo le briciole di quella che è stata la felicità altrui. Ma a me piace. Ha un ché di malinconico, ma è tutto per me. 
Riprende la piscina, dicevo. Guardo la vasca, ormai vuota, perché, come sempre è tardi. Tra dieci minuti sarò in doccia, ma ora non ancora. Mi ripeto nella testa: "nella vita siamo ciò che facciamo. e  soprattutto come facciamo ciò che facciamo. e poi perché facciamo ciò che facciamo. quindi se non sai neanche nuotare per altri dieci minuti, questo cosa ti fa pensare della tua vita?". JUST BREATHE....respira...respira un attimo...E poi allora naso sott'acqua e via, verso le ultime virate. Gli ultimi respiri. Dolce malinconia. 
E tu cosa centri? Beh mi pare solo che molte volte con gli impegni di tutti i giorni si arriva a fine giornata che neanche nessuno se ne accorge. Arriva la sera a spazzare e a raccogliere. 
Così passano le giornate, così passano le estati. Accartocci le goliardate. Smorzi le risate. si! è proprio come restare in sala durante i titoli di coda! cacchio...ecco cos'è l'autunno. nella solitudine della colonna sonora tu te ne stai li e guardi la gente che se ne va.
L'autunno sta proprio dove la spiaggia finisce e dove cominciano le onde del mare. Dove i tuoi piedi sentono il solletico dei granelli di sabbia che la marea porta e riprende. C'è un calmo abbandono. Sembra di "bastare a se stessi". Devo ammettere di conoscermi meglio di quanto pensavo...ho meno domande. Sono cullato in santa pace. L'autunno è un abbraccio caldo e confortevole......il mio narratore riacquista la vista e l'umanità persa.  
Credo che chi si stanca tanto durante il giorno trova nella sera un bel conforto. Perché la sera è segno che, per tutti, c'è un momento per riposare. In cui è lecito voler riposare. Per questo dico che il narratore d'autunno riacquista la sua dimensione umana.. Perché, l'autunno è come la sera. Ti impegni sempre e comunque. il sistema è saturo e frenetico. sembra poterti inghiottire. Ma sai che la sera arriva prima o dopo. e con essa la chance di ripartire il giorno dopo. riposati, ricaricati. dopo aver riflettuto una volta in più. Cullati dalle circostanze: il tramonto non è mai frenetico...la sera favorisce la riflessione. c'è un rallentamento generalizzato della natura stessa. 
L'autunno è così, dico io: è la sera dell'estate....

Foto (FM)
E cos'è questo profumo nell'aria? Non sarà mica neve?
Domani è un altro giorno...domani è già inverno....
JMBReRe

Settimana 13-19 Ott:
  • Nuoto: 4 all: lun, mer, gio, sab;
  • Secco: sab;
  • Corsa: 8 mar;
  • Bici: 60 Sab;
Yeah!

martedì 14 ottobre 2014

Vita vissuta (+settembre)

Prima di tutto diario! Tiè!

Settimana 15-21 Sett
  • Corsa: 6 all: 8 lun, 8 mar, 8 mer, 8 gio, 11 ven, 22 dom;
  • Bibi: 60 Sab;
Settimana 22-28 Sett:
  • Corsa: 3 all: 8 mar, 8 mer, 8 gio..... che schifo...
Settimana 29 Sett-5 ott:
  • Corsa: lun 20, mar 8, mer 7, gio 8, sab 8, dom 42;
Settimana 6 ott-12 ott:
  • Corsa: mar 8, ven 8;
  • Bici: Sab 40, Dom 60;
  • Escursione: 500 Mer;
Quindi eccoci al mese di settembre 2014:
  • Corsa: 20 sessioni, 217 km;  :-)  va bene, ci sta per la maratona di ottobre....
  • Esc: 3 uscite in tot: 2800 mdsl   :-/ no comment
  • Bici: 1 da 60;      :-(   (che schifo)
Un applauso al mio alterego di settembre che è riuscito a fare una sola uscita di bici in tutto settembre!!! Bravoooo....biiiiis!! Imbecille!

Anyway .... Il mese di Settembre 2013 si concludeva con:
  • Corsa: 17 All, 208 km; 
  • Bici: 10 All, 471 km; 
  • Nuoto: 3 allenamenti (che schifo...però non ho contato le nuotate in acque libere in effetti...); 
Settembre 2012??
  • Corsa: 15 All; 178 km; 
  • Bici: 8 All; 280 km; 
  • Mtb: 1 All; 16 km; 
Ecco cosa scriveva il mio alterego un anno fa: Benone: chilometraggio medio aumentato per le sessioni di corsa ma anche per quelle in bici. E più alto il numero delle sessioni. Ma settembre è sempre stato propizio per l'aumento dei volumi di carico e questo è dovuto al fatto che ottobre è il mese delle maratone :-) Quindi, promemoria per una gara nel primo fine settimana di ottobre: buono l'aumento di volume nelle prime 3 settimane di settembre, poi dopo l'ultimo lungo tagliare il volume nella 4a settimana e lasciare la qualità. Poi nella prima settimana di ottobre fare prove di ritmo gara e poi presentarsi alla gara e finirla...

Troniamo al 2014: Allora direi che queste ultime settimane fanno pietà. Allenamenti frammentati, testa altrove. Ottobre arriva e porta con se la ripresa del nuoto (ieri sera insomma). Segnali positivi.

Ora propongo qualche scemata...magari farà sorridere qualcuno...che magari si è trovato nelle stesse situazioni qualche volta...ecco qui....

Quando ti dicono che la bici non si può tenere in salotto:


Il venerdì sera quando scopri che è sceso un metro di neve fresca sulla montagna dietro casa:


Come ti senti buttandoti giù per un canalino di neve polverosa:


Quando vedi roccette sporgenti che potrebbero rigarti la tavola:


Quando ti viene una vescica sul mignolino del piede durante la salita:


Quando ti togli lo scarpone a fine gita:


Quando scopri che qualcuno ha già battuto traccia:


Quando i tuoi compagni decidono di scendere per il bosco giocando a schivare gli alberi:


Quando vedi una ragazza che fa scialpinismo:


La prima nevicata della stagione:


Quando cercano di spiegarti che troppa attività fisica fa male alla salute:


Quando chiedono chi potrebbe essere disponibile per un lavoro extra domenica pomeriggio:


Dopo il primo allenamento di nuoto della stagione:


Sei ancora in ufficio alle sette di sera invece di essere in giro in bici:


In generale quando senti discorsi del tipo: "non è uno sport, ma uno stile di vita"


Quando ti dicono: "facciamo un fuoco da bivacco così grande che lo possono vedere anche dalla stazione MIR":


Alle due di notte quando prepari i panini per la gita della mattina dopo:


Quando provi un 360° e ti cappotti rovinosamente:


Quando i tuoi amici ti comunicano che rinunciano alla gita per andare in centro a far compere con la morosa:


Quando bevi due birre di troppo la sera prima di un allenamento lungo:


Quando cambi le scarpe con cui hai corso due maratone e l'Ironman:


Al ristoro a fine gara:


Il lunedì mattina generalmente:


Quando scopri che il reintegro di carboidrati ha preso una brutta piega:


Quando cominci a scendere sciando e saluti quelli che vanno giù a piedi:


Triathlon: quando vedi che la scia non è consentita ma ti passano in trenino dieci uno dietro l'altro:


Localismo:


Quando circostanze fortuite e non propizie ti fanno saltare un allenamento:


Tante care cose ... a presto...

JMBReRe

lunedì 15 settembre 2014

La ruota panoramica (+ agosto 2014)

L'altra sera riflettevo su una cosa. La vita è una ruota panoramica? Il chiacchiericcio di sottofondo del locale mi aiutava a rendere fluidi i pensieri. Sorseggiavo dal mio bicchiere e pensavo. Poi mi hanno distratto. 

Procedo in macchina. Nel baule gli sci. Salgo per una stradina di montagna asfaltata e rallento perché la corsia è invasa da una mandria di mucche che procedono a rilento. Rumore di zoccoli ovattato.
Apro il finestrino per sentire temperatura e umidità dell'aria. Il rumore degli zoccoli da sommesso si fa più chiaro. Osservo il vibrare dei corpi delle bestie che pesano ogni colpo sull'asfalto. Il ciondolare delle loro teste è accompagnato da uno sbuffo d'aria calda che esce dalle loro narici e si condensa nell'aria. Vapori bianchi nel cielo azzurro, l'attesa dell'alba e la brina che copre, a tratti, l'asfalto nero. Stanchezza e sonnolenza. Fatica. Logorio. 
La vita non è una ruota panoramica. Non si ferma mai per farti scendere. Non si ferma mai per farti salire. La vita è un sacrificio: è il procedere di una mandria di mucche che sorpassi quella mattina che vai a sciare. Ci si rassegna accettando che è così: il tuo labbro si spacca dopo che cadi sulla una lastra ghiacciata a tre curve dalla fine. A pensare a queste cose ti viene in mente che le macchie di sangue sulla neve sembrano le bacche di un sorbo selvatico. Pensi ai romanzi russi. Al ciclo delle stagioni. Alle esistenze ritmate dagli inverni. Mentre quelle teste di ruminante dondolano senti un gong lontano. Ripetuto, come il suono dei campanacci che si infila nei valloni dei torrenti. E quella figura umana che ti aspetta nel punto più alto a braccia aperte, è la croce della cima che ti aspetta per abbracciarti. Per trattenerti. Per strapparti per un minuto dal mondo. Per rubare un minuto alla tua vita. Per moltiplicarlo e restituirtelo ingigantito, decorato, affrescato, reso magnifico. 
E corri e corri e corri. Senza fretta, ma senza sosta, una mattina.
Mi ritrovo a camminare su una roccia bagnata e fangosa. Ho una strana paura di cadere, non so cosa sia. Ho le gambe deboli e la roccia mi appare scivolosa. I piedi sono rannicchiati nelle scarpe bagnate. Sono ore che si cammina. Nella testa ho un leggero brusio. Come se i miei pensieri fossero api. 
Api che se ne vanno non appena mi ritrovo ad un balzo di roccia. Il ronzio sale, esplode, sparisce. Il mio corpo si gira faccia a monte e scende una piccola scaletta d'acciaio composta da cambre fissate alla roccia. Questa scala mi fa atterrare in posto strano. Sembra di camminare su una nuvola. Qualche passo e riesco ad alzare lo sguardo. La cortina fumosa si alza e la paura di cadere se ne va. Arriva la solitudine bellissima e chiarissima. Quello che vedo è l'arrivo di un carosello. Il sole cala la sua falce d'oro e fa srotolare un lago ai miei piedi. 
"Buttati", mi dice una voce nella mia testa, di un'ultima ape rimasta. Resta qui per sempre. Sarà notte e giorno allo stesso tempo. E sarai ovunque ad ogni istante. Le stelle saranno gocce di miele, perché le tue idee avranno impollinato i cieli. 
La mia cabina comincia a dondolare. No. Non ora. Non qui. Non adesso. Quale cabina? Beh, la vita è una ruota panoramica, no? Ti fa salire, ti fa scendere. Perciò se per quell'attimo smette di ruotare, la tua cabina prende ad oscillare. Ebbene si. Si ferma in tutti i punti. Anche nel punto più alto. Dondola lassù, tra terra e cielo. Sotto, un lago immenso o, altre volte, i riflessi multicolore della città illuminata. Sopra, la luna gigante e sfacciata. Pensi ai romanzi sudamericani. Alle chiacchierate all'ombra dei manghi. Alla vita vissuta con ironica accettazione. Alla cachaca.
Allora si, o no? 
Non so, come detto, mentre ci pensavo, mi hanno distratto. 

A me piacciono i vini liquorosi. Il porto, il brachetto, il passito, il vin santo. Ma se non ce l'hai va bene anche una birretta. O un sorso di acqua fresca versata nel palmo della mia mano. Va bene qualsiasi cosa, purché facciamo un altro giro. Fatemi fare un altro giro, vi prego. Su questa sorta di giostra che a volte sembra proprio una ruota panoramica.

Settimana 4-10 Ago:
  • corsa: 8 lun, 11 mar, 8 gio, 8 sab (400 D+), 10 dom (1000 D+)
  • Nuoto: Mer
Settimana 11-17 Ago:
  • Corsa: lun 16 km 2000 d+, sab 20 km 2000 d+;
  • Mtb: 110 km;
  • Via di roccia mar;
Settimana 18-24 Ago:
  • corsa: 8 lun;
  • escursionismo: 4 giornate full immersion (tot 4000 d+ stima);
Settimana 25-31 Ago:
  • escursioni lun boh (700 d+ stima) + sab 400 d+?;
  • corsa: gio 8, ven 8, 20 km dom 2000 d+;
  • bici: 50 dom;
Settimana 1-7 Sett:
  •  escursioni: 2200 dom;
  • corsa: 8 lun, 8 mar, 8 mer, 15 ven, 8 sab;
Settimana 8-14 Sett:
  • esc: 400 d+ gio, 200 d+ sab;
  • corsa: 8 lun 700 d+, 8 mar 400 d+, mer 15 400 d+, ven 11;
Allora agosto è sempre un mese un po strano. Diciamo che è sempre un po' un casino fare il conto di agosto...proviamoci...quindi approssimativamente agosto consta di:
  • Corsa: 12 uscite (8000 d+ più o meno) :-)
  • Bici: 50 km :-(
  • Mtb: 2x140 km :-(
  • Via di roccia :-( 
  • Falesia 1 volta che schifo :-(
  • Escursioni: svariate...mettiamo in tot 6 x 6000.... so di essere conservativo...
Agosto degli anni passati??
Tutto agosto 2013 insomma conta:
  • Falesia: 2;
  • Via alp: 1;
  • Corsa: 142 km in 13 all;
  • Bici: 445 km in 8 all;
  • Nuoto 1500 m (che schifo...)
Agosto 2012 ha visto fare:
  • Corsa: 10 All: 89 km (sotto media)
  • Mtb: 4 All: 102 km;
  • Esc: 4: 6000+;
  • Falesia: 2;
  • Via lunga;
  • Nuoto 1 All...ah ah,potevo anche non metterlo...(non ho detto non farlo, ho detto non metterlo!)
PS: gli shot dell'ultimo mese: 
Prima foto: Petit Mont Blanc, Monte Bianco, Valle d'Aosta, Italia (foto: GR, grazie!).
Seconda foto: Trolltunga, Odda, Hordaland, Norvegia (foto FM, grazie!)
Tante care cose
JMBReRe



martedì 5 agosto 2014

Un respiro degno: un attimo di adeguatezza (+luglio '14)

"Non dirmi che non sei contento...!?!"
"Ma no, non sto dicendo questo..cioè....l'avevo giurato che non sarebbe dovuta andare così. Invece è stato così... invece è andata così. Nulla è cambiato. Me lo ero giurato più sere. Le sere in cui avevo esaurito le forze, le energie, e avevo la sensazione di sentire, finalmente, di poter riuscire a dare tutto ciò che potevo per una causa. Non importava quale fosse. Così mi imponevo di stare attento e di rendermi conto di ciò che avevo messo in gioco per questo: si! la tabella di allenamento ha raso al suolo molte delle mie convinzioni. Un setaccio. Un colpo di spugna.
Ma rimane il fatto che non me ne è venuto niente, della gara in se."
"Che casino di discorso. Era una gara santo cielo. Hai pagato un fracasso di soldi per andarci...mille allenamenti a settimana. Hai buttato a mare mille inviti. Per cosa? Per nulla? Non dirmi che non ti sei commosso alla fine!? Ripensando al tuo percorso e al traguardo raggiunto"...
"Difficile non essere romantici nel momento in cui la fatica ti spoglia delle tue convinzioni superflue. "
"E cosa sarebbero?"
"Beh sarebbero le tue cose utili, escluse quelle indispensabili. Si! Ti commuovi all'ultimo giro, se pensi che la strada che ti manca è quella che ti manca per arrivare a casa. Per me è stato così. Ho pensato a casa mia. E mi sono venute in mente le scarpette rosse di Dorothy del Mago di OZ.. e lei che sbatteva i tacchi e che diceva:...<<La mia casa...è il posto più bello del mondo>>...stavo volando verso casa..ho pensato ai miei vecchi...grigi e curvi.
..ma poi lo sapevo che sarebbe successo... non c'è traguardo che possa soddisfare. Se si lotta con se stessi, non c'è posto in cui si possa andare senza portarsi appresso il problema.. e se il problema uno ce l'ha con se stesso allora voler trovare la soluzione con una gara è come voler specchiarsi con la stagnola del panino del pranzo: impossibile."
"Ma che è questo problema di cui parli?"  
"Mah, forse appunto l'impossibilità di rasserenarsi neanche a fronte del più costoso traguardo. Ma sono le risposte che sono insoddisfacenti o sono le domande ad essere poco focalizzate...? Ma ci facciamo poi le domande giuste? Nel senso, cerchiamo le risposte nei luoghi giusti?
Sai, mi metto a dormire sempre con gli scuri aperti. Ho la convinzione che se ci si sveglia con la luce del giorno il nostro risveglio è meno traumatico. Di estate è perfetto. All'incirca mi sveglio poco prima della sveglia. La vedo come una cosa più naturale, mi sembra di assecondare il ritmo delle giornate come probabilmente si faceva una volta. Quando procedevamo accovacciati e avevamo le braccia che arrivavano alle ginocchia..
Poi tengo la finestra aperta. Finestra aperta e scuri aperti: cerco sempre di conservare un lembo di cielo sulla mia vita, come consigliava quell'amico della famiglia Proust. A volte, se sono fortunato, uno spicchio di luna arancione si corica con me. E da sdraiato raddrizzo quella culla sospesa.
L'altra notte c'è stato un temporale tremendo...figurati se l'ho sentito arrivare, mentre dormivo...
Quel mattino mi ha svegliato la luce del mattino, giustamente, come sempre. Una delle due ante degli scuri si muoveva appena, libera dal suo gancio: andava e veniva cigolando. Come la banderuola col galletto che segna la direzione del vento.. La stanza si scuriva e si illuminava al ritmo delle ultime bave di vento in coda al temporale. Il mattino stava sciaquando la mia camera dal sonno.
Quello che ho sentito appoggiando i palmi dei piedi al pavimento fresco era il prurito e il pizzicore di uno strato di aghi di pino che aveva coperto il mio pavimento. Gli occhi appannati hanno messo poi a fuoco la situazione: anche sulla finestra e sul termosifone: ramaglie, foglie, aghi giallastri."
"Ma questo per dire cosa?"
"Per tentare di spiegare... Tentare di spiegare che nessun traguardo può darti quell'attimo di adeguatezza che cerchi."
"Aghi di pino? Adeguato a cosa?"
"Come a cosa? Ti senti sempre adeguato tu? Ogni respiro che fai? Io no...il respiro degno, quello che io chiamo l'attimo di adeguatezza non ti coglie se non dopo le stagioni piovose."
"Stagioni piovose?"
"SI...quello che io chiamo attimo di adeguatezza è il sentirsi all'altezza dell'intensità di ciò che puoi percepire, ma che di fatto raramente ti perviene.
Io parlo di quei profili, li vedi laggiù? Ecco quei monti sembrano sorti la prima volta stasera. Sembrano essere li solamente per soddisfare la tua sensazione di onnipotenza, con cui finalmente ti senti capace di scavalcare regioni, sorvolare foreste, sgretolare rocce......
Io parlo del colore dell'alba....
Io parlo dell'odore della carcassa di un cinghiale morto accanto al sentiero...
Parlo del gorgogliare della sorgente a cui passi accanto correndo al limite della sete. Parlo del fatto che tu di quella sorgente riesci a sentire la voce, non il rumore. Quella ti sa sussurrare e tu sai sentire. Dura più di un respiro, quell'attimo di adeguatezza?
Riesci a distinguere tutti i colori di quel tramonto? Oro, ambra, ruggine? Lo senti il tuo sangue che ha la consistenza della resina?
E quella che respiri è aria? A me sembra avere consistenza. Sembra esserci qualcosa nell'aria. Pulviscolo. Fumo acre.
Io respiro e butto giù. E rimane li con me. Per sempre. Un respiro adeguato, finalmente. Che ti segna.
E' li che vedi più chiaro..."
"Ma allora basta che vai un po' più spesso nei luoghi dove ciò accade...facile no?"
"Ma no...non hai capito un cazzo.."
"Te l'ho detto, arriva solo dopo la stagione piovosa..."
"Ma che cos'è? E cosa è che vedi più chiaro?"
"Vedi più chiara la risposta al perché dell'esistenza."
"Ma ti puoi figurare...."
"Ti dirò di più. Anzi, è la domanda che diventa più facile. Non è che la vuoi banalizzare, non sei così ingenuo. Non vuoi essere ottuso.. Tu odi le persone che rispondono ad una domanda banalizzando, ma non è questo il caso. Oppure lo è ma non ti sembra di far torto a nessuno, e non ti sembra di essere ne inesaustivo (ho davvero scritto inesaustivo???) ne sempliciotto a rispondere: <<Beh, è così...cosa vuoi di più?>>"
"E la stagione delle piogge che minchia centra?"
"Centra. Perché mai sai quando la tua mente avrà la forma della lente giusta, per farti vedere la semplicità e la grandezza delle piccole cose che ti circondano, facendotele percepire non più utili ma come essenziali alla tua esistenza. Guardati. E pensa che magari ciò che ti tiene in vita può essere lo sguardo di una persona, la pagina di un libro, un tramonto in montagna. Sono tutte cose di cui la nostra realtà è piena ed eppure è vuota.
Stentiamo a distinguere ciò che è utile da ciò che è necessario. Questo è quello che intendo con l'essere adeguato. Dio o chi per esso ha sparpagliato la grandezza ovunque. Ho bisogno solo di un po' di prospettiva.
Quel temporale che ha portato gli aghi di pino e quella folata di vento mi hanno un po' ridestato. La montagna ha lasciato il suo biglietto da visita nella mia povera stanza.
Non esistono traguardi. Solo stati di passaggio: passi, anelli, valichi, momenti, istanti, respiri. Il respiro di adeguatezza ti segna dentro. Come il catrame del fumo di una sigaretta, il respiro libero di quella polvere d'oro ti lascia un segno dentro.
Ti lascia proprio un anello, come la stagione della pioggia lascia il suo segno nel ceppo dell'albero che è stato tagliato e che l'alpinista sta bruciando adesso nella stufa da bivacco. L'alpinista riposa e si rifocilla, inconsapevole del fatto che la polvere d'oro che sta respirando gli sta tracciando un anello tra anima e polmoni.
Mi son spiegato?"
"No"
"Ah. Benon. Dai passami il genepì... ho solo bisogno di un po' delle mie montagne..."
 
JMBReRe

PS: in questo video ho cercato di rendere l'idea di cos'è, per me, un respiro adeguato.....solo per me dico eh...che non voglio deviare o convincere nessuno...
O questo genere di cose...o il degenero delle cose, come piace dire a me.


Ora adiamo a sistemare il diario porca l'ocaaaaaa!!!!

Settimana 30 giu-6 lug
  • Corsa: 8 lun, 8 mar, 8 sab, 8 dom;
  • Escursione: dom 400 D+;
Settimana 7-13 lug:
  • Corsa: 8 lun, 12 1000 D+ ven, 8 dom;
  • Bici: 220 Sab, 25 dom;
  • Nuoto: mar, mer, gio;
Settimana 14-20 lug
  • Corsa: 8 mar, 8 sab matt, 12 sab 1000 D+ pom, 9 dom;
  • Bici: 30 mer;
  • Nuoto: lun;
Settimana 21-27 lug
  • Corsa: 42 dom (Zurigo)
  • Bici: 30 mer, 180 dom (Zurigo)
  • Nuoto: lun, mar, gio, dom (Zurigo) 
Settimana 28 lug - 3 ago
  • Corsa: 12 ven, 9 sab 600 d+:
  • Bici: 30 mer, 
  • Nuoto: Gio
  • Falesia dom (ridicolaggine) :-D
  • Mtb: dom 30;
Quindi ora facciamo i conti per luglio:
  • Corsa: 12 all, 143 km;                           :-)
  • Bici: 6 all, 425 km;                                :-)
  • Nuoto: 9 all;                                          :-)
  • Escursione: 1 da 400-500 d+ forse;       :-(
Ma negli anni scorsi cosa avevamo fatto?
  • Corsa: 14 All, 173 km;
  • Bici: 9 All, 415 km;
  • Falesia 1 uscita :-(
  • Nuoto: 5 all, 5000 mt... che schifo
Luglio 2012 avevamo fatto:
  • Corsa: 11 All, 123 km;
  • Bici da corsa: 9 All, 350 km;
  • Mtb: 2 All, 70 km;
  • Via di Roccia 1;
Direi che siamo in linea con i miei alter ego del 2012 e anche 2013. 

Ne siamo lieti...

JMBReRe

mercoledì 9 luglio 2014

Ehi, ciao (+ giugno '14)

Qui vicino c'è una stradina bianca che fiancheggia il verde reticolato del giardino di una casa vecchia.
Il verde reticolato corre parallelo a due filari di vigne: questi vanno tutti ad attaccarsi, infine, ad un muro a secco.

La casa offre, con una piccola scala color cemento, il suo lato più dolce a questo bel giardino.
Ogni volta che passo correndo accanto a quel giardino spero sempre che ci sia quel cagnolino simpatico che mi viene incontro facendo le feste.

Appena sente il rumore dei passi che sia avvicinano parte a tutta forza dal pergolato, supera con un solo passo tutti i gradini della scala color cemento e si mette a correre sotto i filari e mi viene incontro. Non riesce mai a fermarsi in tempo e quindi lo supero nell'altro senso. Così lui frena subito e riparte a rincorrermi sollevando la morbida erba tagliata con l'affanno di un ritardatario.
Rapidamente il giardino volge al suo termine e il simpatico cagnetto riprende le scale e se ne scompare.
Non ho mai capito dove va a finire e perché non resta con me fino alla fine. "Tornerà alla sua cuccia li sotto il pergolato", mi dico...Sempre la stessa scena. Ad ogni mio passaggio...

Oggi ho volto controllare dove va a finire... ho guardato bene. Come da copione spunto dalla curva che da accesso alla stradina bianca e quel cane mi viene di corsa incontro. Mi viene incontro... abbaia, scuote la coda, sembra rimbalzare su quelle sue zampette.
Non rallento, ma ormai il giardino è quasi superato, il cane ripercorre le scale e sparisce. Mi avvicino un attimo di più e getto lo sguardo aldilà della rete e noto che la sua cuccia è vuota..

Avanzo. Oltre la casa c'è una corte. Una di quelle classiche corti da cantina vinicola. Dei vòlti, la ghiaia, i sassi a vista, un trattore fermo. Sui balconcini, davanti alle finestre coperte da tendine bianche, ci sono gerani rosa, rossi. Tetti amaranto, tegole scomposte. Filtra un sole color ambra, che illumina le grondaie bronzee. L'odore è di cantina, di polvere e di soffitta. Tutto assieme è riunito e persino quasi soffocato in quattro mura: in un unico quadro in cui nessun componente è stato disegnato per poter fuggire.

Sono già aldilà del problema quando qualcosa attira la mia attenzione. Giro la testa e lassù, dal balcone del secondo piano della casa grigia e vecchia, vedo la sagoma del cagnetto e le sua coda inquieta. Io non ci vedo benissimo con gli occhi, ma qualcosa mi fa capire che mi sta guardando. Qualcosa mi fa pensare che ogni volta che lui spariva era per salire lassù e guardarmi correre via.

Io, non so perché, ecco, si, non saprei perché, ma alzo la mano per salutarlo.
E poi contino a correre, pensando alla differenza che c'è tra tra un amico e un vero amico.

Subito mi sono sentito un po' stupido ad aver salutato un cane...ora a ripensarci, un po' meno.

Cos'è essere amici se non questo?
Attendere, proseguire assieme, staccarsi, salire le scale di casa, andare sul balcone senza che nessun altro (neanche l'amico) lo sappia e dare inizio ad una nuova attesa?

Grazie, caro cagnetto...ricordamelo sempre che sognare conviene...

Chi? Assieme, intendi? Loro? Noi?
"Cosa vuol dire per sempre?"
Boh.... pensavo a questo e ad altre faccende simili...

Arrivato e passato anche questo giugno...Che dire? beh sicuramente giugno si riconferma mese propizio per gli allenamenti, complice il clima mite e le giornate più lunghe. Statisticamente quindi si conferma essere uno dei mesi più produttivi, ora vedremo luglio. Luglio arriva con la prima settimana con stop forzato causa lavoro. Arriva l'ironman a fine mese. Con i suoi passi pesanti sulla ghiaia. Nessun problema: lo aspetto. Gli andrò incontro festante, lo supererò, lo perderò e lo ritroverò. Poi lo guarderò andarsene....Seguo i miei sogni come un cagnetto dal balcone.

Ora diariooooooo
Settimana 2 - 8 giu:
  • Corsa: 5 all: 8 Lun, 8 mer, 10 gio, 6 ven, 8 sab;
  • Bici: 40 lun, 40 sab, 50 dom;
  • Nuoto: sab e dom (acque libere)
Settimana 9 - 15 giu:
  • Corsa: 2 all: 8 mer, 11 dom;
  • Bici: 50 mar, 45 sab, 50 dom;
  • Nuoto: Lun, Mar, Gio, Dom;
Settimana 16-22 giu:
  • Corsa: 10 mar, 8 mer, 10 gio, 8 sab;
  • Bici: 25 sab, 100 dom;
  • Nuoto: lun;
Settimana 23-29 giu:
  • Corsa: 8 lun, 9 mer, 8 gio, 10 sab, 15 dom (400 D+);
  • Bici: 35 mar, 80 dom;
  • Nuoto: Mar, Mer;
Settimana 30 giu- 06 lug:
  • Corsa: lun 8, mar 8; sab 8, Dom 8;
  • Escursione: Dom;
Giugno 2014:
  • Corsa: 18 all, 174 km; :-)
  • Bici: 11 all, 605 km; :-)
  • Nuoto: 10 all; :-)
  • Secco: 2 all; :-(
Ma ora facciamo un piccolo confronto con i miei alter ego del passato...
Giugno 2013 avevamo fatto:
  • Corsa: 14 all, 141 km;
  • Bici da c: 500 km in 9 allenamenti;
  • Nuoto: 1000 m;
  • Mtb 105 km, 3 all;
  • 2 esc: 1400 mt;
  • Scialp: 1100 D+;
Giugno 2012 avevamo prodotto:
  • Corsa: 15 All, 156 km, buono, in media.....
  • Bici corsa: 10 All, 380 km, ok...
  • Mtb: 2 All, 46 km, con catena rotta nell'ultimo giro...ah ah...
  • Escursione: 1 1000D+
  • 2 vie di roccia
JMBReRe

martedì 10 giugno 2014

Appena dietro l'angolo (+ Maggio 2014)


In generale, secondo me, la felicità è dietro l'angolo delle nostre aspettative. Cosa significa questo?
Nella testa ho una città. La mia testa è una città. Una città in continua evoluzione.
Ed io, io passo la vita a costruire: pensare, immaginare, sognare, dedurre, calcolare.
Ed io, io passo la vita a passeggiare: percepire, sentire, assaporare, toccare, indagare.
Ponti, parchi, case, scuole, uffici, supermercati, stazioni. Attraverso, passeggio, abito, frequento, visito.
Tanto per fugare subito le aspettative dei miei lettori, si! ci corro anche ogni tanto per la mia città. Ma mi piace correre un po' fuori dal casino, in campagna.
Dove non è raro trovare il cipresso scosso dal vento, l'olivo contorto, il ciliegio in fiore illuminato dalla luna, le lucciole lampeggianti in un roveto, il ramo della vigna verde e arrotolato che cresce fino al bordo strada.
Strano a dirsi, ma non conosco proprio tutte tutte le viuzze di questa città. Sapete, ci sono quegli angolini nascosti di cui ignoro l'esistenza. Quelli che, quando si visita una città straniera, si è tanto contenti di fotografare perché si pensa di essere gli unici ad aver visto. Un balconcino con sopra dei gerani. Una pianta di limone. Un piccola seggiolina blu appoggiata vicino ad una porta rossa. Un gatto che riposa su delle tegole arancioni. Ed allora si torna a casa intitolando l'album di foto tipo: "la mia Parigi", "la nostra Londra"...si, perché entrando a conoscenza della particolarità, si sente di conquistare il possesso della generalità. Il particolare assume un connotato quasi intimo e perciò confidenziale. Quasi la città si sia messa in contatto con solo noi e noi soli. Come una ragazza che pensiamo possa guardar solo noi in quel modo... con quegli occhi di cui pensiamo essere gli unici a saper descriverne il colore.
Beh, dicevo, che non conosco tutti i particolari di questa città, come non conosco tutte le rughe della mia mano! Ed è ancora più sorprendente perciò, a volte, prendere una viuzza sperduta e ritrovarsi in una grande piazza che si riconosce subito ed esclamare: "toh, guarda dove siamo finiti". Mi sembra normale percorrere spesso la stessa strada quando giro per una città. La mia città non fa eccezione.
Se nella mia città le strade sono pensieri e le case sono aspettative, la felicità è proprio dietro l'angolo.
Nella mia città i ponti sono deduzioni e i palazzi i desideri. La serenità, la bellezza, la tranquillità, la soddisfazione, non sono mica dove uno se lo aspetta.
Sono appena li dietro.
Sono appena li dietro, dove quel gatto si sta stiracchiando sulle tegoli arancioni, proprio sul tetto di quella casina dalla porta rossa, con un balconcino pieno di gerani e una vecchina che si appresta ricurva a sedersi su una seggiolina blu. 
Ma perché dico questo? Dico questo perché mi domando in continuazione se sia il caso di farsi delle aspettative. Le aspettative generano molte volte delusione, perché il più delle volte non si riesce ad andare oltre. Ma semplicemente perché hanno preso spazialmente il posto alla nostra idea di felicità, o comunque di soddisfazione, emozione, brivido. Se abbiamo molte aspettative dobbiamo solo essere un pochino più bravi e più curiosi, perché magari, dove ci aspettavamo un bell'angolino, troviamo il retro disastrato di un supermercato.
Il fatto fortunato è che la realtà va già di per se, spesso, oltre le nostre aspettative. In tempi e modi che noi non immaginiamo, ovviamente.
Ecco, io la settimana scorsa ho fatto il mio primo 70.3 (nb: gara di triathlon) e me lo sono preparato così tanto mentalmente che dove mi aspettavo di emozionarmi sono rimasto proprio indifferente. Prendiamo l'esempio della partenza in acqua: ecco io mi aspettavo di cagarmi addosso. Invece zero, partivo come parto per un allenamento. La cosa, magari, in questo caso ha giocato a favore, abbassando il mio livello di tensione. Fattostà però che ho vissuto una cosa stra-ordinaria (nel senso, fuori dall'ordinario) come una cosa qualsiasi.
Prendiamo l'esempio del tappeto blu, che c'è alla fine della gara, prima del traguardo. Gente, fotografie, urla, battiti di mani... tutto normale, perché, forse, aspettato. 
Io, ecco, sono quasi convito che queste foto rimarranno, ma con gli anni e con le altre gare passeranno. 
Invece sarà difficile dimenticare ciò che non sapevo immaginare. Non dimenticherò mai quello che ho provato nel modo che non mi aspettavo. Ogni volta era un colpo: la realtà sembrava dirmi "toh, tieni questa!" mentre mi colpiva in pancia con l'immagine delle vette Svizzere innevate, e con la sensazione calorosa e bellissima di essere da sempre in viaggio e in viaggio per sempre. La bellezza di metter il braccio fuori dal finestrino quando si guida una macchina non è nulla al confronto di sentirsi in grado di volare. Nudi e soli per i prati. Mentre la propria bici, sospinta non si sa più neanche da chi, scollina una volta in più, di nuovo, per ricominciare a planare nell'azzurro di un lago che luccica.
E poi, c'è lui. Tra il pubblico che si accalca verso la fine del tracciato della corsa c'è il bambino piccolo e occhialuto che tende la mano attraverso le gambe dei genitori e la transenna. Tende la mano come potrebbe tenderla un detenuto che cerca di rubare le chiavi allo sceriffo che sta passando a controllare le celle. Per far arrivare la mano più vicino ancora a me che sto passando. Vuole toccare con mano la libertà che quel corridore rappresenta..il privilegio che rappresenta. Leggero, assoluto e incredibile privilegio, di chi sa di poter permettersi di delegare e relegare in un'attività sportiva la propria felicità. Leggera, assoluta e incredibile sensazione. Che è il parallelo di chi si può permettere di disperare per cose banali. Penso che chi si può permettere di disperarsi per cose banali può considerarsi altrettanto privilegiato (ma ne parleremo la prossima volta...sarò categorico, ma credo che chi possa gioire e fare dello sport la propria felicità, tanto quanto colui che può permettersi di disperare per un telefono rotto, possa considerarsi privilegiato, considerando lo standard umano).
La città allora si mette in contatto con me. Sembra di essere di corsa per le strade della mia città. Con i ciliegi in fiore appesi alla luna. Dove le lucciole brillano nei roveti. Dove i cipressi sono scossi dai venti tiepidi. Dove scollinando e risalendo sembra di poter far sorgere e tramontare il sole a proprio piacimento. Li ci sentiamo di scattare una foto che ci portiamo a casa.
"La mia città" è il titolo dell'album. "è li che ci siamo parlati per la prima volta...", è il sapore dei nostri racconti. Faccio foto che non dimentico. 
Non posso fare altro che tendere la mano di rimando.
Sembra di poter "fare come l'acqua che cade laggiù in fondo", creare bellezza, toccare felicità. Sembra di toccare un ramo di vigna verde che, nella notte, è cresciuto apposta per poter arrivarci vicino, a portata di mano, e farsi toccare.
Settimana 28 Apr - 05 Mag:
  • Nuoto: Lun, Mer, Sab;
  • Bici: Gio 40, Sab 60;
  • Corsa: 8 Mar, 8 Gio, 8 Sab;
Settimana 05 - 11 Mag:
  • Nuoto: Lun, Gio, Dom;
  • Bici: Sab 40, Dom 25;
  • Corsa: 8 Mar, 8 Ven, 8 Dom;
  • Secco: Lun, Gio;
Settimana 12 Apr - 18 Mag:
  • Nuoto: Lun, Gio;
  • Bici: Sab 45, Dom 25;
  • Corsa: 8 Mar, 8 Ven, 8 Sab, 21 Dom;
  • Secco: Lun, Gio;
Settimana 19 Mag - 25 Mag:
  • Nuoto: Mar, Dom;
  • Bici: Sab 60, Dom 40;
  • Corsa: 4 Mar, 8 Mer, 8 Gio, 12 Sab;
Settimana 26 Mag - 01 Giu:
  • Nuoto: Mer, Dom (70.3 Rapperswil);
  • Bici: 90 Dom (70.3 Rapperswil);
  • Corsa: 8 Mar, 8 Ven, 21 Dom (70.3 Rapperswil);
  • Secco: Mer;
Settimana 2 - 8 giu:
  • Corsa: 5 all: 8 Lun, 8 mer, 10 gio, 6 ven, 8 sab;
  • Bici: 40 lun, 40 sab, 50 dom;
  • Nuoto: sab e dom (acque libere)
Indi per cui maggio 2014 conta:
  • Corsa: 16 All: 143 km :-) (mancano i lunghi!!)
  • Bici: 9 All: 375 km :-)
  • Nuoto: 10 All; :-)
  • Secco: 5 All :-(
Ricordo la legenda faccine: 
  • :-D  Benissimo (allenamenti sopra media)
  • :-)   Bene (allenamenti nella media, o comunque c'è motivo per star su di morale)
  • :-/   Senza infamia ne gloria (allenamenti pochino sotto media)
  • :-(   Male (allenamenti pochi, scarsi e fatti male)
  • :-<  Malissimo, sciagura, disastro, cataclisma (impossibile allenarsi)
Ma torniamo al diario: Maggio 2012 e 2013 cosa mi aveva visto fare?
Maggio 2013:
  • Corsa: 18 All 166 km;
  • Bici da corsa: 4 All 155 km;
  • Mtb: 5 All, 140 km;
  • Falesia: 1;
  • Via Alp: 1;
Maggio 2012 avevamo fatto invece:
  • Corsa:  9 All: 89 km, minimo storico credo :-(
  • Bici: 183 km in 4 sessioni :-(
  • Mtb: 230 km in 7 sessioni :-/
Storicamente quindi ho una media di uscita in bici da corsa di 40 km. Dopo dipende dal lavoro necessario (fondo oppure ripetute, ritmo, etc...). 2012 45 km ad uscita, 2013 38 km ad uscita, 2014 41 km ad uscita, ma con 9 allenamenti. Bene. Assolutamente necessario inserire i lunghi in questi due mesi in vista dell'IM di fine luglio...

Alé alé

JMBReRe


martedì 13 maggio 2014

Altimetria Lake Garda Marathon 2013 e 2014?

Altimetria maratona lago di Garda....Allora, da quel che forse ho capito sul sito ufficiale della Lake Garda Marathon non compare l'altimetria del percorso modificato l'anno scorso. Infatti se nel 2010 2011 e 2012 etc si correva da Limone fino a Riva e poi Arco, Torbole e Malcesine, l'anno scorso si è fatto un percorso un attimo diverso, con arrivo a Riva e partenza da Malcesine. Mi pare che anche quest'anno facciano così...boh...
Allora l'altimetria la metto come immagine...ma chi vuole la traccia gps mi può sempre scrivere che gliela mando....

Se ci sono km in meno è perché alla Garda Lake ci sono delle gallerie e il gps perde il segnale. In più missà che mi si era spento il Garmin e quindi non sono segnati gli ultimi 5 km, che però non erano a dislivello eccessivo...anzi...se uno volesse si guarda quella degli anni scorsi e studia l'altimetria della ciclabile che dalla zona industriale alle porte di Arco arriva a riva lungo il Sarca. Il percorso è quello. Cioè, la parte che l'anno scorso era al 25mo km ora è alla fine...la parte incasinata del percorso nuovo è proprio il lungo lago sotto Brenzone...quelle zone li...


Ecco tutto...
Ciao

JMBReRe

sabato 3 maggio 2014

Le paradis est là-haut

Corsica. Aprile. Mercoledì. Primo pomeriggio. La signora Carla scende da una macchina accesa e si incammina per la stradina che dalla chiesa serpeggia verso monte attraverso le ultime case del paesino di Soccia. Ha una pagnotta sottobraccio, come si confà e, banale a dirsi, come ci si aspetta faccia una signora che passeggia all'ora di pranzo sotto casa in territorio francese. Caracolla e cammina. Una macchina, una jeep con a bordo tre persone, le passa accanto. Lei saluta sorridente il conducente ma getta uno stesso sguardo curioso per tentare di dare un volto alle altre due figure che sobbalzano sui sedili lisci. La macchina ha il bagagliaio pieno. La signora Carla non sa cosa c'è nel bagagliaio. Non sa chi siano le altre due figure.
Al signor Mario piace la musica classica. Parcheggia e spegne la sua jeep e poi scende. Dopo esser sceso lascia la portiera aperta. Come un profumo di paste fuori da una pasticceria, il suono di una musica dolce si spande e prende a veleggiare nell'aria. Qualcosa lo attira, lo distrae. Lui è un uomo di montagna. Di boschi, di legna, di fatica e di mattoni. Lo si capisce dal fatto che se viene distratto lascia tutto com'è, tanta è la tranquillità a cui ci si abitua se si vive da pensionati in un paesino della Corsica. La tranquillità con la quale lascia aperta la porta della macchina, che finisce perciò per occupare gran parte della larghezza della carreggiata, e con la quale prende a conversare con un tizio che se ne sta seduto dalla parte opposta della strada, infatti, è evidente. Si mette a parlare di montagna, credo, e di una chiesa e una croce.
Francesco parla molto bene il francese. Con un tizio francese sa intavolare tutti i discorsi che vuole: dai consigli su come affrontare un sentiero, a quanti minuti deve cuocere un minestrone. Quando attacca a parlare o a camminare, potrebbe farlo per tutta la giornata. Ed è un bla bla bla in una lingua a me incomprensibile, fino a quando non si nominano o neige, o église, o croix, o piolet, o crampons, o pradis... cose così.... io mi fermo qui.
Io mi guardo i piedi, seduto su una panchina di pietra calda e liscia. Ho la mente confusa e annebbiata dallo sforzo e dal sole insistente. Sento sete, e bevo. Nella testa mi risuona come un mantra il verso di Byron che recita: "There is a pleasure in the pathless wood" (Childe Harold, Canto iv, Verse 178). Rimbomba...Non so perché ho in mente quello. Sento a stento i rumori della piazzetta. Bambini giocano vicino, lungo la stradella che conduce alla chiesa. Qualcuno sta parlando francese accanto a me. Non capisco nulla. Sento nominare una chiesa. Poi una croce. La neve, la montagna... il paradiso, forse? Mah, devo aver capito male...
Poi qualcosa attira la mia attenzione, come una eco, una voce che mi chiama da lontano. Come se stessi passeggiando accanto alla vetrina di una pasticceria, venendo preso dal profumo di paste caldo e morbido dell'aria. Una pace si impossessa di me e le chiacchiere in francese si diradano. Volgo lo sguardo verso la chiesa e i bambini non ci sono più. Al loro posto delle foglie secche vengono risucchiate in piccoli vortici assieme alla polvere. Da dove viene questa pace? Questa pace è il suono di una musica, che esce da un auto parcheggiata a qualche passo da me.
Non passa molto tempo che mi ritrovo inondato da questa musica: sono come una foglia secca, sono come polvere che vortica. Dietro di me un botto, uno schianto: si è chiuso un portellone, sono a bordo di un auto e mi ritrovo a scandire sorridente spontaneamente il mio nome. "Mario", sento rispondermi! "Ah ma sei italiano", sento dirmi!

Ora Mario chiacchiera in italiano. E guida la sua jeep su per una stradina. Pochi metri dopo esser partito, si volta e, attraverso il finestrino, con la mano, saluta la signora Carla che le sorride di rimando. Viene fuori che Mario è del Friuli, ma vive in Corsica da trent'anni, con sua moglie Carla, appunto. E' figlio di quella generazione che per lavorare 8 mesi all'anno viaggiava 2 mesi fino in Russia e poi tornava a casa in altri 2 mesi.... si... 2 mesi di viaggio, 8 mesi di lavoro, 2 mesi di viaggio. Si, giusto, fa 12 mesi. Di che? Lavorava come muratore. Ora è in pensione. Figlio, quindi, della generazione figlia della guerra, che nella prima metà del secolo vedeva la vita come sacrificio. O il sacrificio come orgoglio per la vita. O se non altro, almeno, non il sacrificio come sfortunata condizione o imposizione dall'alto. Nipote lui stesso degli stenti di un paese che riparte, è amante della condivisione e della realizzazione della collettività. Del Duomo o del Colosseo costruiti per tutti e più preziosi della ricchezza non condivisa del singolo. Capisce la corrente secessionistica delle zone economicamente più sviluppate. La comprende ma non la giustifica. Perché quel che era ricco prima ora è povero. E nella storia quanti ce ne sono di viceversa... Allora parla con piacere della Ruhr e del meridione dell'Italia, ma anche della Corsica stessa, che è passata dalla pastorizia al turismo con l'orgoglio e la cura necessari a non perdere la dignità. La stessa dignità che forse troppe mete turistiche di tirreno e di mediterraneo hanno perso nei grandi alberghi di lusso che si specchiano nel mare, spegnendo l'acqua turchese e le foreste verdi come fa un cielo nuvoloso. Inoltre Mario parla di cinghiali e, con il termine troia, penso, lui intende la scrofa. Le troie le usano in Corsica per riprodurre i cinghiali. Quindi il cinghiale perde la sua innata capacità di limitare la sua riproduzione. Risultato: boschi invasi da cinghiali mezzi maiali. Per noi, un argomento di conversazione in più.
Nella mia vaga sonnolenza mi ritrovo seduto ad un chioschetto su una di quelle sedie di plastica che fanno tanto estate. Dai quelle che si ti appoggi pesante all'indietro si piegano. Quelle che, se le impili, ne puoi portare anche 6 o 7 in braccio...  Ora sono più sveglio e osservo con più attenzione.
Mario parla ancora. E mentre parla, tratti della sua persona vanno e vengono dentro di lui con diversi ritmi. In primis ci vedo il suo fare montanaro che va e viene e si alterna col suo fare da muratore. Appare evidente questo scambio quando ci dice con malinconia, guardando sul fondo di un bicchierino da caffè, che la montagna l'ha rapito, ma non da bambino. 
Un secondo ritmo che vedo, alterna il suo fare curioso al suo fare paterno, lui che ascolta e lui che parla. E anche questo è un andare e venire continuo. Quando parla non lesina raccomandazioni conservative, è cauto e preoccupato. Quando racconta, non sembra riuscire ad arginare questo flusso: è il suo voler spronare i giovani ad un cambio di mentalità mischiato al suo voler avere per se qualcuno piccolo da accudire che possa fare tesoro dei suoi consigli. Di giovani, non gliene capitano a tiro tanto spesso. 
Un altro ritmo ancora è sovrapposto su di un piano diverso, ma altrettanto evidente: è un altorilievo. Ma è su un piano diverso perché è di natura fisiognomica se così si può dire: ha a che fare, cioè, con la nostra capacità di associare stati d'animo diversi ad espressioni del viso diverse. Zigomi alti e orbite incassate, ma niente mento sfuggente, anzi. Faccia  e testa tonde. I capelli sembrano i cespugli di una radura e le sopracciglia hanno il colore della calce viva che si sparge sui binari per limitare il crescere della vegetazione.
L'occhio è azzurro come un cielo spento e la pelle è fatta di argilla screpolata al sole. Il ritmo appare quando ride, ma non solo. Appare anche in contemporanea al suo chiudersi il naso tra pollice e indice per pulirsi dal muco. Con questo gesto richiama così tante diverse espressioni del viso che non lo si riconosce per quel breve momento. La pinza di due dita nella sua mano proietta il naso così distante da quella faccia che si teme non possa farlo mai più tornare indietro. Invece accade che lo fa: il naso torna da solo e rapido al suo posto, cioè al centro, a questo punto gravitazionale, tra orbite e zigomi.
Non so se abbia figli. Ma, anche se così fosse, qualcuno è padre anche senza avere figli. O non lo so. Fattostà che sembrava ci fosse un padre li a parlare. E un muratore sacrificato lontano in qualche steppa russa. E un boscaiolo di montagna che beve al mattino l'acqua dai ruscelli e si asciuga la bocca con la manica di una camicia a quadri. E questi personaggi vanno e vengono e, quando si incontrano per darsi il cambio prima di presentarsi sul fronte del palco ai bordi degli occhi di Mario, si danno la mano e si salutano da cari amici. Vanno e vengono come le onde del mare. E, come le onde del mare portano a riva gli alberi, costoro portano con loro i ricordi. 
Il suo viso sembra aprirsi e chiudersi sull'onda di una risata. Si apre e si chiude anche quando, come l'acqua della risacca che stagna per un istante tra gli scogli e viene prosciugata dalla corrente, un po' di muco stagna tra le narici del suo naso e Mario lo toglie con la mano. 
Ora Mario se ne va. Quasi come un nibbio che vada a cercare una corrente in una vallata vicino. Viene salutato calorosamente.
Ripenso al ritmo con il quale sa mostrare le sue diverse sfaccettature.Questo ritmo, è lo stesso ritmo che ha fatto la storia dell'isola. Il timore paterno di perdere ciò che ha reso bella la vita ha il suo sfogo negli attacchi minatori delle frange più violente dei conservatori. E la capacità di crescere dignitosamente la si vede ogni volta che spunta un giorno nuovo. Giorno in cui gli isolani stanno convertendo un economia pastorale ad una turistica. 
Ecco perché parlare con Mario e guardare Mario è stato come percorrere la Corsica a piedi. Proprio la Corsica stessa, nel suo essere isola, ha nel suo passato un momento nel quale è stata strappata al marino grembo materno per essere donata al regno delle terre emerse e, percorrendo i suoi sentieri, si va incontro al mare, al monte, alla neve che da l'acqua al ruscello. 

E, se si alza lo sguardo, c'è il nibbio reale che volteggia.

Cerco di ricomporre i pezzi: ne ho perso qualcuno. In sintesi io e Francesco stavamo prendendo un po' di respiro dopo una mattinata di camminata micidiale, in una piazzetta del paesino di Soccia. Eravamo a 6 ore di cammino per arrivare alla nostra meta giornaliera. Un pezzo iniziale infimo è una strada asfaltata che ha uno sviluppo esagerato a fronte di un dislivello minimo. Francesco con la sua parlantina facile ha cominciato a parlare e a chiedere informazioni ad un anzianotto che è appena smontato da una macchina con sua moglie. Finisce che costui ci da uno strappo per toglierci dai piedi quei 300 metri di dislivello di strada asfaltata. Non è nel nostro stile, ma siamo cotti. Io più di tutti. 
Poi mi vengono in mente altre cose. E chiedo:
"Ma, ascolta...avete discusso mezz'ora in francese senza capire che eravate due italiani?" 
"Si"
"Benone insomma!...Ho capito...  Ma ho sentito una roba... una parola tipo: église, o croix....?"
"Si. Perché mi ha detto della strada che passa accanto alla chiesa e sale fino alla croce, dove c'è un chioschetto alla partenza dei sentieri...cioè questo 'sto qui, il chioschetto...."
"Ma ho sentito anche les paradis....?? O una cosa del genere....?...che ti ha detto??"
"Bravo! Si!!! ...... Ha detto bon pour vous...les paradis est là-haut....cioè....io gli avevo detto che proseguivamo verso lassù, verso le montagne. E lui mi ha risposto: buon per voi...cioè...beati voi...! Il paradiso è lassù...."


Les paradis est là-haut.... già....e dove sennò...

Fine del mini racconto....

Allora adesso mettiamo un po' di ordine.
Settimana 14-20 Aprile:

  • Secco: lun, Gio;
  • Nuoto: Lun, Mar, Gio
  • Bici: 60 km;
Settimana 21-27 Aprile:
Trekking Corsica (cominciato il 19). Cosa mettiamo? Bah, non perdiamoci in dettagli...facciamo una escursione al giorno e mettiamo 1500 D+ di media...anche se...boh...

Quindi Aprile conta:
  • Secco: 6 :-/ 
  • Nuoto: 12 :-)
  • Corsa: 45 km in 5 allenamenti :-( che schifezza
  • Bici: 160 km in 3 uscite :-(
  • Mtb: 45 km (che cazzo è?)
  • Escursione: 8-9 uscite...mettiamole va....
Aprile 2013 cosa avevo combinato? Cosa scriveva il mio alterego un anno fa? Ecco:
Allora aprile 2013 mi ha visto fare:
  • Corsa: 16 all, 181 km, ok, nella media;
  • Bici da corsa: 2 tot 76;
  • Arrampicata: 2 falesia, 2 vie lunghe;
  • Scialp: 1 da 300... se non la mettevo facevo più bella figura :-(
Aprile 2012 cosa mi aveva visto fare?
  • Corsa: 10 all (direi sotto media...) 126 km (direi sotto media....)
  • Mtb: 3/4 all e in tot 130 km circa...boh...
  • Bici corsa: 2 e in tot 50 km...direi che abbiamo fatto pena...
  • Trave: 6 all, ok ci stà se scarichiamo l'ultima sett
  • Snow alp: 2 da 700 l'una...che goduria...
La bilancia si equilibria alla fine di questo mese rispetto all'inizio arrembante del 2012. Il task dei 2000 km annuali di corsa sembra che sia raggiungibile (essendo vicini a quota 900 a fine aprile), il task dei 10000 in bici sembra impossibile; il task dei 100'000 metri di dislivello in montagna sembra impossibile. 

Aprile è un mese di flessione e lo dicono le statistiche, mie. Si cambia. 
Dentro aria calda e fuori aria fredda. Via i giubbini, si corre in maniche corte. Arriva maggio col suo carico di  pollini nell'aria, con le sue serate temperate. Arrivano i primi doppi e le prime uscite in falesia. Profuma di magnesio questo inizio di maggio. Profuma di lavanda ed erba bagnata dalla pioggia. Di corde lasciate negli zaini troppo a lungo.

Diciamo che il mio alterego era fucilato...arrampicava già in questo periodo. Ma io sono alle prese con dell'altro ora. Bene. Mi fa piacere leggere i segni dell'evoluzione, del cambiamento.

Ad maiora

JMBReRe