«En redescendant, le cœur léger, je sifflote gaiement. Je viens de gagner le ticket pour le cap Horn, l’Amazonie… Ah ! Connaître l’enfer vert, la chaleur suffocante, les moustiques, les papillons aux ailes moirées, manger de la soupe de perroquet Ara, de la queue de caïman, avaler des larves gluantes, découvrir les mers du sud, entendre rugir le vent des quarantièmes, entendre hurler celui des cinquantièmes en doublant le cap Horn, siffler le dauphins qui dansent au clair de lune, apercevoir les glaciers qui brillent au fond des fjords ! Je veux vivre à en crever…»
JMB

martedì 30 ottobre 2012

Settimane 15-21 e 22-28 Ott e il cigno nero

Mettiamo un po' di ordine in questo blog, va...
Allora tra le altre cose mancano le rendicontazioni delle settimane 15-21 e 22-28 ottobre. Allora teniamo conto che il 14 c'è stata la Garda Lake Marathon e il 28 la Venice. Quindi magari i km sembrano tanti ma in realtà lo sono perché sono stati accumulati in due gare....
15-21

  • Corsa: 7 km Mar, 8 km Gio, 16 km Sab, 9 km Dom, 10 km Dom = 50 km;
  • Bici: Ven 40 km, Sab 40;
22-28
  • Corsa: 12 Lun, 8 Gio, 42 Dom;
  • Bici: 42 Lun, 40 Mer;
Stasera per sciogliere fuori le gambe post-Venice mi son fatto un bel 9km ad andatura bogone ferito... Presto dobbiamo fare anche la rendicontazione di ottobre: un bel mese direi! :-)

Cosa mi ha lasciato la Venice? Oltre che del freddo addosso? Beh ... ora spiego tutto, compreso il titolo del post e la bellissima foto qui accanto... Perché il cigno nero...? Perché di fatto la Venice era già abbastanza bella se l'avessi finita e basta. Il cigno bianco per come lo vedo io è la parte candida di me stesso a cui non interessava il tempo finale, a cui non interessava nemmeno rifornirsi ai ristori: al cigno bianco bastava l'acqua della pioggia che colava dal viso assieme al sudore. Tuttavia, internamente, credo che tutti possano confermare quanto ogni nostro comportamento non sia frutto d'uno sbilanciamento estremo di una nostra tendenza, ma piuttosto sia il frutto di una compensazione o di un bilanciamento di diverse attitudini che abbiamo. E così siamo sempre in equilibrio tra due o più forze che ci fanno stabilizzare. Come nella più classica teoria della statica d'altra parte le forze possono essere di natura e di intensità diversa, ma possono agire in direzioni diverse e su piani diversi e donare ugualmente l'equilibrio. Nel caso di domenica ho    dovuto fare i conti con quella parte di me che mi voleva vedere arrivare al traguardo in meno di 3 e 30: il cigno nero, per l'appunto. Non c'è stato verso di sedarlo quel maledetto cigno nero e si è piano piano fatto largo nella testa e nelle gambe. Allora, al 28esimo km, quando i due volatili stanno discutendo amabilmente e mentre il cigno bianco se ne sta ben appollaiato in una posizione privilegiata, succede che una folata di vento più brusca o un aumento delle gocce di pioggia può far vacillare l'equilibrio. Può accadere infatti che ci si stufa di vivacchiare attorno al proprio ritmo della prima metà e si intravveda nell'aria e nella strada davanti a se, una corda che tira: una possibilità d'innanzi. La possibilità di trasformare la giornata, nella domenica del proprio PB e nella domenica delle 3 e 30. E allora il cigno nero prende forza e così, lui che è tanto aggrappato a cifre e numeri, pianta nella testa l'esigenza di squadrare il Garmin ogni 30 secondi. E allora ci si mette a fare i calcoli, si diventa freddi, quasi insensibili. E' il punto di non ritorno che fa spremere le gambe e che porta a ritmi alti, ma sostenibili, l'andatura.
Ecco ciò che mi dispiace: che mi son dimenticato di essere a Venezia persino. Mi sono scordato del 2009 quando sono passato sul Ponte della Libertà con la lingua per terra. Avrei voluto far riaffiorare alla mente le giornate di montagna che mi han permesso di sopportare meglio il freddo su quel ponte. Mi sarei voluto ricordare più cose, godermi di più il momento. Ma il cigno bianco, che è tanto più romantico, se ne era andato via: chissà dove.
Penso se ne sia volato via, perché non sopportava l'idea di vedermi correre solo per una cifra. Ho cercato di spiegarmi con lui. Gli ho spiegato che in una gara ufficiale e competitiva ci si può aspettare che qualcuno tiri fuori energie in più solo per arrivare due minuti prima. Puro ego? Non credo. Credo solo che c'è una parte di  me a cui a volte servono le cifre: le ufficializzazioni delle prestazioni per dare corpo alla memoria degli istanti.

Il cigno nero è sparito e porta con se quella che ora è solo una cifra: 3 e 26. Solo un numero. Prima non lo era, poi si, poi no...Sono il cigno nero o sono il cigno bianco?

Quel cigno bianco si è riposato su di me e in me solo quando ero sul vaporetto per il rientro. Al freddo, di fuori, con tanti miei simili. Il vento sferzava i visi e Venezia spariva senza che l'avessi mai guardata in faccia. Solo in quel momento mi sono ricordato di quanto è bella e di quanto sia stato un peccato non accorgersene mentre correvo.

Chissà dove se ne è volato via il cigno nero, ora .....

JMBReRe

venerdì 19 ottobre 2012

Il contadino che aveva un orto e un piccone


Questa è la storia di un contadino.
A questo contadino diedero un orto e un piccone.


Anche se era solo un contadino con un orto e un piccone, sapeva benissimo che con il suo lavoro avrebbe potuto trasformare il suo orto in un bel campo pieno di delizie.

Giorno dopo giorno l'orticello cresceva rigoglioso.


Poi, apparentemente dal nulla, ma probabilmente da quel crescente accumulo di voglia di fare che gli era nato dentro, prese a colpire il terreno con crescente veemenza. Senza fretta, come sempre, ma senza sosta. Senza collera ma con coraggio. Senza presunzione ma con ambizione.
Aveva abbandonato l'idea del campo rigoglioso, aveva abbandonato ogni altro arnese: si serviva solo della sua forza e del suo piccone: si era messo in testa, ingenuamente e per altro presuntuosamente, dal basso delle sue braccia gracili e del suo fiato corto, di poter spaccare il mondo in due picconata dopo picconata.
Lui picconava e la crepa partiva; la crepa solcava e lui continuava.
Non diceva più che il sole lo accecava, diceva che il sole gli illuminava il viso o lo baciava. La pioggia non lo bagnava più, ma gli mollava il terreno e gli facilitava il lavoro. Il vento non lo disturbava più, ora gli asciugava il sudore. Il freddo, beh, il freddo divenne suo amico e gli avrebbe fatto compagnia.
Dopo un po' di tempo capii che non stava facendo fatica, era la fatica che stava facendo lui e, di tanto in tanto, alzava la testa e, sotto ai suoi piedi e davanti ai suoi occhi, la sua visione cominciava a prendere forma.
La prima crepa era già partita, e solcava... e solcava... e solcava...
La crepa solcava e lui picconava.
Son passati gli inverni e la terra non si è ancora accorta di nulla. Ma dall'alto della sua visione, come dall'alto di una montagna o di un albero, lui e solo lui riesce a vedere, nel solco che sta scavando, non un solco ma una crepa. Sempre più larga e sempre più fonda, che parte da un vecchio orto e serpeggia e minaccia un pianeta intero.

Postfazione: Il contadino si adoperava per mostrare a tutti la sua visione. Li portava sulla cima della montagna o li faceva salire sull'albero. Ma nessuno vedeva mai una crepa. Alcuni vedevano un solco, alcuni vedevano un sentiero. Chi un fosso, o chi addirittura una canaletta!

Impazziva per questo. Gli tolsero il piccone e gli tolsero l'orto.
Per gli altri non era più un contadino che zappava sentieri o orti, era addirittura diventato una nullità.
Ma lui proseguì a mani nude e visse per sempre da contadino e morì da uomo libero, senza aver mai spaccato il mondo ma rimanendo fedele alle sue filosofie e non sminuendosi mai. Morì da contadino e felice, per questo.

Morale (scritta in seconda persona solo perché suona meglio): Devi aver rispetto del tuo io che vedeva la possibilità di spaccare il mondo con un piccone. Non sminuire la sua visione, non denigrarla se ora non la vedi così chiara come la vedeva lui prima. Nessuno vedrà una crepa nel tuo solco. Nessuno lo farà al posto tuo. Il punto non sta nel dove, nel come o nel cosa, e non importa chi sei. Il punto non sta nell'orto, nel piccone e nella crepa... E neanche nel contadino.
Il punto sta nel fatto che tutte queste cose assieme SONO. Il contadino PENSA all'orto e VEDE la terra e tramite il piccone FA. E tramite la sua visione, HA. Io sono, vedo, penso e faccio, e ho. E' una filosofia. Quella che mi fa capire che se pensi, vedi e fai, un colpo alla volta puoi andare avanti e tenere viva la tua visione, anche se infondo lo sai che il mondo non lo spaccherai mai. Ma tenersi in vita è l'unica cosa che si riesce a fare, alla fine di ogni giornata; come negarlo? E con le proprie visioni perché non dovrebbe essere la stessa cosa? Se le portiamo in vita è solo per mantenerle in vita e riprodurle. E' la filosofia che ci sta sotto ciò che conta. Quella del mattone. Quella della carovana che attraversa un deserto un metro alla volta. Quella di una nave che attraversa l'oceano. Quante vite sono servite, quanti mattoni, quante navi, per arrivare ad oggi e a quella che è la nostra normalità?

Di "dove" ce ne sono a bizzeffe. Di "come" e di "cosa" ne è pieno il mondo". Cosa sei, lo sai.
Dove andrai? Picconerai per un orticello rigoglioso o per spaccare il mondo? Non importa, ma sii fedele alla tua filosofia. Questo mi rende il mondo affascinante: l'infinitamente grande è costruito con l'utilizzo dell'infinitamente piccolo.

Nel tuo piatto ci sono i pomodori che hanno attraversato i secoli e gli oceani e sono conditi con le spezie che hanno attraversato i deserti. Un centimetro alla volta e un passo alla volta. Se hai in mano un piccone, hai in mano un mattone, hai un cammello, hai una nave. Picconare, costruire, attraversare... Se questa è la mia, qual'è la tua filosofia?

lunedì 15 ottobre 2012

Come in un vecchio film + Settimana 8-14 ott


Bene. Ho seguito il Bianconiglio fin dentro la sua tana ieri.

Ci sono stato in quel posto dove sei da solo e tutto quanto attorno è solamente una carta colorata che scorre. Come in quei vecchi film in cui gli attori sono seduti in una macchina e lo sfondo dietro viene proiettato.

Il Garmin parla chiaro: 160 di bici e 42 di corsa, ieri. Belle sensazioni e belle immagini. Momenti di esaltazione e momenti di deprimente frustrazione...

Il buio pesto nel tratto di bici dell'andata... il lago che dorme e appare accanto alla strada, le stelle... si le stelle. Il fresco. Il freddo. Il tepore di una tratto senza vento.

L'avanzare del giorno e poi finalmente la corsa. Aria.

5 km, 10, 20, 30.... pioggia e nuvole. Acqua, fredda.

Poi ecco i fatidici 42 km e la fine del tratto di corsa con quel bel tappeto arancione che rende ancora più magico l'ultimo tratto: "non è ancora finita per me", mi dico. Allora prendo il battello e vado a recuperare la bici. Eccola che mi aspetta, proprio dove l'avevo lasciata stamattina 42 km fa, un epoca fa. Mi sembra di esser stato li ieri, invece era solo poche ore prima...la maratona mi ha resettato...ahhh che gusto.

Pochi km e le gambe cominciano a girare, ma la spossatezza si sente e il ritmo non è elevato...le strade sono pulite e non c'è traccia di sporcizia dovuta alla corsa. Lo sfondo scorre, sono nel mezzo del mio vecchio film.

Per ingannare le gambe dolenti faccio viaggiare la mente e mi ritrovo in mezzo al lago. Il sole fa filtrare i suoi raggi e ne rende la superficie illuminata a chiazze. Nel bel mezzo del tramonto sembra che qualcuno abbia nascosto dei forzieri d'oro sul fondo del lago. La fatica è un ricordo, ora fa parte anche lei dello sfondo. Proseguo e proseguirei per mesi, anni... ma l'impressione è dovuta solo al fatto che sento casa vicina.

Sempre più vicina. Eccomi qui. Aria!

Acqua. Stavolta calda però, quella della doccia.

Ma visto che c'è sempre qualcuno che dice quello che vorrei dire io ma lo dice meglio, ecco qui un post del mitico Emilio Previtali a cui ripensavo ieri mentre me ne rientravo a casa:

TU. CHE NON SEI PIU' TU.

Ho visto uno spezzone di video, oggi. Di uno che cammina e avanza pianissimo, un passo ogni qualche secondo, quasi all'arrivo del Tor des Geants a Courmayeur. Questo.

E' un video che mi ha commosso. Che mi ha fatto ricordare. Che mi ha fatto pensare. Nel vederlo coglievo il desiderio della gente per strada di aiutare, di sostenere, di partecipare. E poi coglievo quella immensa forza interiore che emanava quel ragazzo con la maglietta rossa, che andava avanti, sempre avanti, un passo alla volta. Fa paura fa, uno così. Perché la forza che abbiamo dentro, a chi non la conosce, a chi non l'ha mai sperimentata, fa paura. A volte preferiamo ignorarla o evitarla. Schernirla. Lasciarla da parte. Non usarla mai.

Mi ci sono ritrovato tante volte, in quel momento. Sono stati i momenti più belli della mia vita. A volte ero io, a volte erano altri, a spingersi oltre. Io c'ero, comunque, ero lì. Ed ho sentito. Mi hanno fatto sentire. Ho avuto.

E' quando capisci che puoi andare ovunque, un centimetro alla volta, basta non mollare mai; quando puoi restare stabilmente fuori dalla tua zona di confort e sopportare tutto e tutti, la fatica e il dolore e anche le parole di chi ti parla

e ti sembra così lontano; è quando ignori quello che avviene intorno a te e gli sguardi e i sorrisi di chi forse non capisce, e tieni duro e vai avanti, comunque avanti; quando ancora riesci a cogliere la luce negli occhi di un bambino che ti da un cinque, o il sorriso di un anziano che ti offre una spugna bagnata, o il verde di una foglia che cresce proprio dentro a una fessura, mentre tu sei lì aggrappato e piangi e ti sembra di non riuscire più ad andare né avanti né indietro e non sai più cosa fare; quando pensi di non poter più scendere oltre e vedi un cristallo di neve perfetto appoggiato sulla tua giacca a vento.

E allora riparti, vai avanti, ancora un po'. E poi ancora. E ancora.

E' in quel momento esatto in cui ti fai spazio, in cui vai oltre, che il tuo limite si sposta in avanti.

Ed è per sempre. E' per te. Che non sei più te.

E' in quel momento che il mondo intorno a te cambia. Quello è il momento in cui tu, con il tuo silenzio, con la forza che hai dentro, con la sopportazione e la tolleranza, con la fatica che si trasforma in gioia, con quella specie di vento che accompagna il nostro fare e il nostri essere, tu cambi il mondo.

E questo, a pensarci bene, è l'atto più rivoluzionario e libero che la mia mente sia in grado di immaginare.



Come posso continuare il mio post dopo simili parole. Meglio staccare va. Ecco quindi. Ora due settimane di recupero e poi sarà ora della Venice.


Allora la settimana credo comprenda (devo guardare meglio il Garmin):

Corsa: 2 All: 1 da 9 mer e uno da 42 dom;
Bici: 1 da 40 lun e 1 da 160 dom;


Ok. Si va..... ciaooo

JMBReRe

giovedì 11 ottobre 2012

Settimana 1-7 Ott

La settimana 1-7 ottobre (la rampa di lancio per la Vr Marathon) ha visto susseguirsi:
  • Corsa: 3 Sessioni: 1 Lun 8, 1 Mar 8, 1 Dom 42;
  • Bici: 1 Mer da 40;
Va beh, non ci si può lamentare...ieri sera sgambatina in bici invece per mollare fuori le gambe! Ora andiamo meglio di ieri... tutto pronto per la Garda Lake Marathon...
Nell'ottica "fair means" dovrei andare in bici fino alla partenza. Vediamo come posso aver allenato i 'doppi' bici+corsa queste ultime 52 settimane:
Mi pare di capire che gli allenamenti non sono proprio proprio accoppiati. Cioè mi sembra sempre che ad un aumentare dei carichi di lavoro della corsa diminuiscano quelli di bici e viceversa (segnali controfase). Non mi sorprende: il tempo a disposizione bene o male è quello. Si nota un aumento dei km in bici a fine aprile, causa infortunio che mi impediva di correre. Poi ridotti km settimanali di bici dovuti al tempo guasto e al freddo. Si insomma, poca regolarità e difficoltà nel trovare micro e macro cicli come nel caso della corsa. Tuttavia mi piace notare come bene o male si possa intuire che c'è una certa periodicità e che quindi qualche macrociclo possa essere individuato. Resta comunque il fatto che allenandosi a caso non ci si può aspettare una serie bella ordinata di curve perfette. Il prossimo anno la programmazione sarà più severa :-)

La maratona a Verona è stata completata, ma con crampi finali che mi fanno rimpiangere di non aver tentato qualche super lungo del tipo 30-35 km nelle settimane prima della gara. Ora speriamo nel meteo e poi se il tempo sarà propizio allora si tenterà la Lake Garda by fair means.

Teniamo le dita incrociate!

JMBReRe

mercoledì 3 ottobre 2012

Cosa ci porti? Settimana 24 Sett - 30 Sett + Settembre

Allora, la settimana scorsa cosa abbiamo fatto:
  • Corsa: 5 All: 17 Lun, 8 Mer, 8 Gio, 10 Ven, 7 Dom;
  • Bici: 1 All: Dom 41;
E questo è tutto mi pare...
Allora ora tiriamo le somme di settembre! 
  • Corsa: 15 All; 178 km;
  • Bici: 8 All; 280 km;
  • Mtb: 1 All; 16 km;
E questo è tutto mi pare...
Mancano i lunghi, questo è certo :-| , infatti niente sessioni di bici di più di 60 km e niente corse di più di 22 km... va beh... comunque lo smalto c'è, vedremo che fare ...
Sono su un cacchio di balcone e vedo davanti un mese con tre maratone. Mi sembra di essere davanti al tempio degli oracoli per domandare come andrà a finire, se la fortuna mi sarà propizia.
"Cosa ci porti", mi domandano loro.
Ho fatto un piccolo riassunto delle ultime 51 settimane di allenamento a partire dal 15 ottobre scorso, proprio il giorno dopo dell'ultima Lake Garda Marathon portata a casa con trasferimento in bici fino a Malcesine. Quello che incollo sotto è il grafico che riporta il numero degli allenamenti settimanali e il numero di km effettuati. Il totale parla di circa 1500 km con 158 allenamenti. Non voglio fare i calcoli di medie e mica medie. Mi piace solo osservare come il numero degli allenamenti e anche i km percorsi subiscono oscillazioni periodiche legate ai microcicli (circa 4-5 settimane) e i macrocicli (3-4 mesi). Non ho aggiunto le info sulle uscite in bici ma mi piace vedere come, seguendo sempre le sensazioni e non le tabelle abbia avuto comunque un comportamento ripetitivo: se in futuro saprò raccogliere più info (tipo HR e soglie) sono sicuro che potrò fare un piccolo saltino e programmarmi meglio gli allenamenti. Nel frattempo va bene così dai.

Il punto in cui si precipita a zero indica la fine di aprile mi pare, quando, per una sorta di infiammazione post Milano City Marathon mi ero fermato per una settimana. Un'altra fossa è tra le settimane 40 e 50 ma li era perché durante agosto mi sono dato ad altre attività ....
Come continuerà quel grafico nel futuro? L'idea è quella di accelerare, come sempre. Prestare attenzione a frequenza di allenamento, volume e intensità/qualità. Curare di più i lunghi, curare di più le irpetute e i lavori specifici. Siamo ben lontani da un lavoro ottimale sulla corsa, ma ci si può sempre provare. E' chiaro che non si inventa nulla. La programmazione degli allenamenti è una scienza. Ma perché non buttarci il naso, se ce n'è la voglia e la possibilità?
Quel che so per certo è che quel grafico conduce proprio nel posto che sto guardando dal balcone.
Non vedo l'ora di essere la in mezzo a strisciare i piedi ... Vorrei esserci adesso. Questa attesa logora, infervora gli animi. Non riesco a stare fermo, mi sento come sulla cima quando il materiale da salita è ben infilato nello zaino e si fanno dei respiri forti per prendere il coraggio necessario per lasciarsi andar giù per il pendio di neve che vediamo sotto di noi.. Il battito accelera e tutto ciò che fuggiva ci viene incontro. Lo sport è anche questo: libertà. Da cosa poi? Non so. Libertà di poter fermare il tempo forse e di farlo scorrere a proprio piacimento. O di andargli contro, come un salmone risale la corrente. Giocarci col tempo e riderne quando, tornati a casa o alla macchina, torna anch'esso a lavorarci come il vento fa con la sabbia.
Ma sono proprio i momenti in cui si avverte il cambiamento quelli che più mi piacciono: quando si decolla e quando si atterra. Il volo di per se è magico ma non smuove pensieri creativi, ma piuttosto di azione. E' il pensiero creativo che mi piace. E' quello che ci fa decollare. E' quello il momento in cui sai che stai entrando in un vortice e non sai di preciso quello che ti aspetta.

"This is where the world start to spin - this is where the rabbit hole begins"  :-)
(http://andreasfransson.blogspot.it/)


Buoi allenamenti a tutti.
JMBReRe