«En redescendant, le cœur léger, je sifflote gaiement. Je viens de gagner le ticket pour le cap Horn, l’Amazonie… Ah ! Connaître l’enfer vert, la chaleur suffocante, les moustiques, les papillons aux ailes moirées, manger de la soupe de perroquet Ara, de la queue de caïman, avaler des larves gluantes, découvrir les mers du sud, entendre rugir le vent des quarantièmes, entendre hurler celui des cinquantièmes en doublant le cap Horn, siffler le dauphins qui dansent au clair de lune, apercevoir les glaciers qui brillent au fond des fjords ! Je veux vivre à en crever…»
JMB

venerdì 15 marzo 2019

Tamanika è in nessun luogo




Forse Stefano, forse Marco o Gian Marco, sono i primi ad avermi parlato di Tamanika. Tamanika è dove si trova la neve più bella. A Tamanika nulla è lasciato al caso: tutto al suo interno è calcolato con precisione, il numero di Decibel, dei Lumen, la lunghezza dei percorsi, le frequenze dei luoghi di sosta, il tipo e la quantità di informazione. A Tamanika ci si rapporta solo tramite simboli (parole o voci prepensate). Tamanika è l'esempio esistente di uno stato in cui si concretizza il sogno della "macchina per vivere". A Tamanika, ci sono spazi interi in cui mille individualità si incrociano senza entrare in relazione, tutte sospinte dal desiderio frenetico di accelerare. Tamanika è un incubatore, è una porta di accesso a un cambiamento. All'ingresso di Tamanika, ognuno perde tutte le sue caratteristiche e i suoi ruoli personali, per continuare solo ed esclusivamente ad esistere null'altro che nella propria essenza, come se l'intera vita di ognuno fosse ridotta esclusivamente alla semplicità di una punta di una matita ed un foglio bianco. L'unico ruolo di ognuno, è quello di un utilizzatore di questo nuovo potere, e questo ruolo è definito da un contratto più o meno soffice che si firma con l'ingresso. Queste sono le regole. 

Tamanika rappresenta dunque per molti una sorta di terra di mezzo, che accoglie nel momento di smarrimento ma che, a lungo andare, nello stesso momento in cui reifica l'essenza identitaria terrena, la sacrifica sull'altare della comune universalità. A Tamanika sono stato raramente, ma ho un ricordo indelebile di quei disegni che mi ha ispirato. La mia matita mi è sembrata leggera e scorrevole. La carta, soffice come la carta di cotone. Tamanika del resto ha ispirato ai grandi Maestri dei veri arabeschi, e questi, per bellezza ed essenzialità, io li pongo là in alto, assieme alle venature del marmo, alle curve delle camelie o alla regalità delle perle, assieme all'onorevole superiorità del leopardo delle nevi e dei suoi occhi liquidi, gelidi e sublimi.
  

L'ultima volta a Tamanika c'era un ragazzo, con capelli neri e lisci. Continuava a cantare una canzone, che si spandeva nel vento per tornare ad echi soffusi...

Oggi ho sognato di morire
ho camminato fuori dal palco
sparendo lassù tra le nuvole
e giunto al concerto dei cieli
gli angeli stavano cantando
la canzone che ho scritto per te
la canterai assieme a me?

Pensavo di sapere cosa 
mi stava per accadere
e tutto sarebbe di certo stato
come lo avevo sempre sognato
il bue, la luna, il tuono, il lampo
nell'occhio del ciclone
non esiste dritto né rovescio

Ora è passato tanto tempo
ora è passato troppo tempo
ma la vita incanta ancora
e so che un giorno tutto il mondo 
canterà questa canzone
che ho scritto per te
la canterai assieme a me?

Ora è passato tanto tempo
ora è passato troppo tempo
tutto ciò che riesco a capire
è aria, metallo, legno,
ma la vita resta ancora
è qui in questo cuore
dove il battito prosegue ancora

Cantava mentre scendeva con la sua tavola leggera nella neve farinosa. E la cantava di continuo, fino a quando davvero non è sparito tra le nuvole. A Tamanika sono andato e da Tamanika son tornato. Sparato come la palla di un cannone nel cielo stellato, al mio ritorno ero cambiato. E la Spira mirabilis, che tanto Jakob avrebbe voluto incisa sulla sua lapide, che guida il falco sulla sua preda, che dispone i bracci delle galassie e dei cicloni tropicali, che affascina fillotassisti così come biologi e astronomi, che da sempre spaventa chi crede solamente nella logica o nella natura senza credere nello spirito, con un altro ennesimo colpo di coda mi mandava al domani, incredulo e sbattuto.

Tamanika è non vita. Tamanika è in nessun luogo. Tamanika esiste solo per farti sognare. Come i palloncini, come la neve.

E, come la neve... puff ... ! Sparisce!


Surf a Tamanika, Ph. Credits: E.F.


JMBReRe

PS: devo il titolo del post ad un verso trovato nel libro "La strada blu" di Kenneth White. Il resto è pura follia. Del resto, come dice Emilio, "lo sci è folie".

PPS: La chiave di lettura di questo casino è questa. In arrampicata, o nello snowboard tremendo, ci si espone ad attimi in cui il trasporto è così eccessivo che si fa esperienza di quella che io chiamo nonvita. Non si tratta del flow, si tratta di nonvie. Che è un termine simile a nonlieu, che sono i nonluoghi di Augé. Non è vita ne morte, a cui non ci sono contrari. E' un'altra cosa. La corda, o la lama della tavola, diventano un cordone ombelicale, perché nel grembo della terra non si respira aria.