«En redescendant, le cœur léger, je sifflote gaiement. Je viens de gagner le ticket pour le cap Horn, l’Amazonie… Ah ! Connaître l’enfer vert, la chaleur suffocante, les moustiques, les papillons aux ailes moirées, manger de la soupe de perroquet Ara, de la queue de caïman, avaler des larves gluantes, découvrir les mers du sud, entendre rugir le vent des quarantièmes, entendre hurler celui des cinquantièmes en doublant le cap Horn, siffler le dauphins qui dansent au clair de lune, apercevoir les glaciers qui brillent au fond des fjords ! Je veux vivre à en crever…»
JMB

mercoledì 19 marzo 2014

Festa del papà (+ febbraio)

Tempo fa, un mattino, ero ad una festa per il capodanno. non è che la festa era di mattina, il fatto è che era durata tanto.
Ricordo che prima di tornarmene a casa ero stato seduto per qualche istante vicino ad un ragazzo che cercava, senza tanto successo, di espellere dal suo corpo, vomitando, ciò che aveva troppo insistentemente bevuto nel corso delle ore precedenti. non stava proprio benone. anzi, stava abbastanza di merda
e, seduto, teneva tra le mani una scodella luccicante (sapete quelle che restano lucide perché le si è usate per l'insalata che nessuno mangia mai, in certe occasioni?). A fasi alterne si buttava in avanti abbassando la schiena e contorcendosi alzava il mento oppure si ritraeva all'indietro appoggiandosi.
La scodella luccicante faceva risuonare con delle piccole eco i conati.
La scena stava già andando avanti da tempo per quel che mi era dato di sapere e, gli organizzatori, o chi per essi, avevano già allertato la famiglia del ragazzo perché qualcuno lo potesse venire a prelevare e accudire per le ore successive.
Da li a poco sarebbe arrivato suo padre a prelevarlo.  
Entrò così nell'ampia taverna la figura di padre più stereotipata possibile. Non era solo l'unico adulto della sala, era contemporaneamente anche l'unica persona senza alcol in corpo, probabilmente. Sembrava venisse da un altro pianeta.
Colletto azzurrino sbiadito di polo abbottonata e maglioncino di taglia superiore. Pantalone in velluto chiaro.
Del resto non ricordo molto. I suoi tratti ora nella mia memoria sono come i primi scarabocchi di un pittore di strada che abbozza un ritratto.
Ricordo solo che non aveva un espressione cupa. Ricordo di aver quasi pensato che fosse stato contento di esser stato chiamato. Io credo avrei provato vergogna, fossi stato al suo posto.
Invece la sua espressione, la sua camminata e, poi, infine, la sua voce, dimostravano che di vergogna per suo figlio, forse, lui non sarebbe mai stato in grado di provarla. E ora, a proposito di vergogna, mi vergogno di averla anche solo pensata una cosa così.
A volte è bello aiutare. A volte è bello sapere che qualcuno si affida a te e a nessun altro. In questo caso non solo per necessità, ma addirittura per natura. Per discendenza. Come ci si potrebbe affidare per l'ultima chiamata della vita.
Del padre non ricordo le scarpe che indossava, ma ricordo che le stava usando per camminare sul pavimento sporco di birra rovesciata: quella che lascia i tacconi duri da pulire il giorno dopo della festa. Dopo aver raggiunto suo figlio lo ha guardato e gli ha appoggiato una mano sulla spalla più vicina.
Il ragazzo con la voce, ma prima ancora che con la voce, con lo sguardo, ha parlato.
Sollevando e torcendo in un solo colpo la testa dalla scodella, ha parlato.
Poiché uno sguardo non è solo occhi e luce ma anche deformazione del viso, postura e posizione della testa, lo sguardo è già di per se una voce: e lui ne parlava bene tramite.
Guardava dal basso verso l'alto e, gli occhi, che non erano affatto ne centrati, ne coerenti, ne attenti, mostravano una porzione bianca arrossata nella parte inferiore lasciata libera dall'iride e dalle pupille dilatate.
Le palpebre si sbattevano lente e irregolari ma sembravano da li a poco potersi chiudere definitivamente per il sonno. La bocca era piatta e si apriva di poco mentre mento e naso puntavano il pavimento. Con gli occhi cercava un viso conosciuto: questa era la voce del suo sguardo.
La lingua aderiva al palato superiore e la saliva impastava e legava tutto, persino le sillabe, che uscivano zoppicando invischiate le une con le altre, come può uscire contorcendosi un lombrico dal fango: questo era lo sguardo della sua voce.

-"Papà...andiamo a casa?-"
"Certo, adesso andiamo...-"

Auguri di cuore a tutti i papà.

Torniamo a noi...

Settimana 24 feb-2 mar:
  • Secco 4 all lun mar gio sab dom
  • Nuoto 5 all lun mar gio sab dom
  • Corsa: 6, 8, 8, 8 mar (matt) mer ven (matt + sera)
Febbraio 2014:
  • Nuoto: 16 all; :-)
  • Secco: 11 all; :-/
  • Corsa: 10 All, 70 km :-) finalmente!
  • Scialp: 3 uscite 2500 D+ :-/
Che dire: l'anno scorso ero super avanti di corsa. quest'anno arranco: complici le infiammazioni e il nuoto soprattutto...

Febbraio 2013
  • Corsa: 18 all, 274 km; :-) 
  • Scialp: 1 da 1000 D+ -> :-( Che pena 
Il febbraio 2012 mi aveva visto fare:
  • Corsa: 17 all -> 159 km ...uhm de dum....può andare bene dai...
  • Bici da corsa: 0 all ...molto bene direi, sono un asino!
  • Mtb: 1 all...come non averlo fatto...35 km
  • SnowAlp: 1 da 700 :-(
  • Arrampicata: 2 all
  • Trave: 7 all
Ultime da jmbrerelandia: le infiammazioni sono state metabolizzate. è ricominciata la corsa, e anche la bici, in posizione da crono e mtb.
badiamo ora alla bici da corsa però, cercando di trovare la posizione giusta per un costo energetico basso. fare la stessa cosa col nuoto.
andare andare andare, sentire l'acqua, sentire il vento. diventare acqua, diventare vento.
abbiamo bisogno di naturalizzare.
volevo scrivere un post sulla wheelie in snowboard o magari qualcosa di più tecnico che riguardasse la posizione in bici.
ne è uscito tutt'altro. ce ne faremo una ragione.

la biada è stata raccolta. i cavalli dei pensieri corrono liberi su terreni polverosi. preparate i moschettoni, le scarpe da trail.
bici lucide, caschetti allacciati.
pantaloni corti, spolverini leggeri per piogge leggere sotto ulivi in attesa. andate a cuor leggero.

fantasticherie volano.

la chiamano primavera....



JMBReRe