«En redescendant, le cœur léger, je sifflote gaiement. Je viens de gagner le ticket pour le cap Horn, l’Amazonie… Ah ! Connaître l’enfer vert, la chaleur suffocante, les moustiques, les papillons aux ailes moirées, manger de la soupe de perroquet Ara, de la queue de caïman, avaler des larves gluantes, découvrir les mers du sud, entendre rugir le vent des quarantièmes, entendre hurler celui des cinquantièmes en doublant le cap Horn, siffler le dauphins qui dansent au clair de lune, apercevoir les glaciers qui brillent au fond des fjords ! Je veux vivre à en crever…»
JMB

sabato 11 gennaio 2014

Sulla crescita, sui cambiamenti, sulla fanciullezza e su altre sciocchezzuole simili

Mi ricordo che da piccolo avevo una paura matta della piscina. Dura ricordarsi o formulare ora un perché.

Per quanto riguarda quel bambino pauroso, la piscina era piena di strane e pericolose attrezzature e persone. Gli facevano "fare il morto" a pancia in su, e non gli piaceva, perché non ci riusciva mai.
Guardava gli istruttori con in mano quelle sbarre piegate per condurre la nuotata degli allievi.
Le code gialle e blu che delimitavano le corsie erano segnate nel mezzo, laggiù tra l'ignoto e l'irraggiungibile, da un pezzo rosso. Il pezzo rosso gli faceva paura. I braccioli gli facevano paura.
Sbarre, braccioli, salvagenti, corsie... Un autunno, un corso a 4 anni e poi il nuoto venne bandito dalla sua vita.
In piscina ha continuato ad andare ancora, ma non per nuotare. A quel bambino piaceva andare all'aperto e, quando usciva dalle cabine blu negli spogliatoi, essere investito da quel lampo di luce, creato da sole che si specchia nell'acqua azzurra di una vasca olimpionica e sulle piastrelle chiarissime tutt'intorno. Si fermava sempre alla prima corsia: gli piaceva tuffarsi dal lato, o dal trampolino. Gli piaceva l'erba dove mettere l'asciugamano e il panino arabo con il salame ungherese. O mettere i piedi sulle griglie bianche di scolo e ascoltare la musica dell'acqua che ricadeva e gorgogliava, finendo chissà dove: fresca e pulita.
A volte guardava più in la della prima corsia. Ci vedeva la seconda, la terza... e poi la fatidica quarta. E poi la quinta. Già, la quarta e la quinta erano diverse, stavano nel mezzo. Erano come le corsie di sorpasso nelle autostrade. <<Come!?>> Direbbe qualcuno..<< Le corsie di sorpasso non sono in mezzo, sono a sinistra!>> Già, ma sono quelle in cui ci stanno "quelli che sorpassano", "quelli che vanno di più". E se si tiene conto che dall'altro lato del guardrail ci sono le corsie di "quelli che vanno dall'altra parte" allora si capisce bene come le corsie del sorpasso in autostrada, gli possano ricordare la quarta e la quinta corsia di quell'enorme piscina olimpionica frequentata nelle calde mattine estive. Nella quarta e quinta corsia c'erano "quelli che nuotavano". "Quelli con il costumino", "quelli con gli occhialetti". Gli abitanti di quel mondo fatto di braccioli, pezzi rossi, salvagenti bianchi a strisce e di sbarre. Inavvicinabile, pauroso, scomodo, buio. Nulla di divertente poteva riguardare quel mondo. Che mondo è, se bisogna seguire una corsia?, essere condotti da una sbarra?, guardare delle mattonelle che scorrono senza poterle avvicinare e toccare? Anche solo porsi queste domande, per lui, non aveva senso.
Così le estati di quel bambino in piscina, trascorrevano sicure e vivaci sulle griglie bianche dello scolo della corsia numero uno, magari fermandosi di tanto in tanto a guardare, con curiosa paura, con i piedi sopra al gorgoglio dell'acqua che cambiava, con un dito su per il naso e con una mano presa a sistemarsi il costume tra le natiche, aldilà della seconda e la terza corsia, gli abitanti misteriosi del mondo dai fondali a piastrelle.

Molti anni son passati da quelle estati, fino all'altra sera. L'altra sera sono andato in piscina, sono sceso negli spogliatoi e ho cominciato a cambiarmi. Ho appeso i pantaloni ad un appendino e, accanto, c'erano appese le braghe di un bambino: erano alte esattamente la metà delle mie!
Dopo una rapida doccia mi sono spostato alle vasche. Ho gettato l'asciugamano sulle panchine, li, accanto alla prima corsia, dove stava, immobile e incantato, anche se potrei dire inebetito, un bambino avvolto in un accappatoio minuscolo: indossava una cuffia rossa e, appoggiati sulla fronte, degli occhialetti da nuoto con un elastichino bianco. Guardava verso il centro della piscina.
Procedevo col mio costumino striminzito, i miei occhialetti minimalisti e la mia cuffia siliconata verso il centro della piscina. La corsia numero 4 era libera e mi ci sono immerso senza pensare a nulla: era tutto maledettamente normale. Ho nuotato, nuotato, nuotato e poi ancora nuotato, fino a che la vasca non è stata vuota e il bagnino da lontano non mi ha fatto un chiaro cenno, indicandosi il polso con l'indice della mano opposta.
Sono tornato negli spogliatoi, dopo una rapida doccia sono tornato di fronte ai miei pantaloni appesi. Li ho guardati. Poi ho guardato li accanto: le piccole braghe non c'erano più, il bambino che le aveva messe li se ne era andato.
Poi è stata la volta dell'asciugatura. Aria calda del phon. Poi mi sono vestito e ho infilato alla rinfusa tutta la mia attrezzatura nel borsone. Il borsone poi me lo sono messo a tracolla.
Sono uscito nel parcheggio e mi sono avviato alla macchina, crogiolandomi in quel bel mal di muscoli piacevole che mi coccola alla fine di una bella nuotata. Ma ecco che proprio davanti alla mia macchina, per terra, sull'asfalto umido,c'era un guanto minuscolo: uno di quelli di lana pesante, di diversi colori, in cui ci si possono infilare l'indice, il medio, l'anulare e il mignoli da una parte, e il pollice solo soletto in un'altra.

L'ho raccolto, quel guanto. Quella sera son tornato a casa con quel guanto: l''ho infilato col pomello del cambio. Per ora è li e lo sfioro, appunto, ogni volta che cambio. Crescere è: cambiare, in qualsiasi modo. A volte è necessario scalare la marcia, perché si affronta una curva o una salita, a volte si ingrana una marcia superiore per fare "a tutta" un bel rettilineo. Si prosegue comunque in avanti: lo spazio percorso è come il tempo trascorso. E scorre in avanti, non ci si può fare nulla.
Diventare abitanti di un mondo sconosciuto e, per questo, pauroso: questo è un cambiamento. E si ride poi, anche a distanza di anni, con quella stessa beata serenità fanciullesca di chi si sente di potersi permettere di potersi sentire ingenuo un'altra volta ancora, senza, per questo, aver paura di rimanere deluso e, in fine, disilluso in seguito. C'è chi è disposto a scommettere che la bellezza e il fascino dell'essere ingenuo per timore, possano illuminare più di quanto una sozza disillusione possa sporcare. Si, perché un ingenuo reca appetito alla gente sozza. Perché il timore di qualcuno viene sempre visto da tal'altri come occasione di facile sopraffazione. Beato invece chi potrà illudersi fino alla fine dei suoi giorni, giorno dopo giorno, senza timori, attorniato da amabili e comprensive persone.
E che cos'è, poi, crescere serenamente; se non: cambiare senza rimpiangere ciò che siamo stati e senza rammaricarsi per ciò che non siamo stati? E, se per caso fossimo stati troppo ingenui e poi disillusi, davvero non prenderemmo più la briga di considerare positivamente una delle nostre paure legate alla non-conoscenza per poi compiacersi di aver navigato quelle paure senza il timore di farci disilludere e sentirci ingenui nuovamente? In altre parole: prenderemmo la briga di comportarci da bambini di nuovo? Una crescita serena, credo, ce lo permetterebbe.

Quella sera non mi sono proprio posto il problema di riportare il guantino in portineria e avvisare che l'avevo trovato... Mi ricordo di essermi solamente detto:
<<Toh! Guarda che piccolo guanto! Deve averlo perso quel bambino...tanti, tanti anni fa...>>

JMBReRe

Settimana 30 dic-5 gen:

  • Corsa: 7 all: lun 12; mar 10; mer 17; gio 10; ven 10; sab 10; dom 10;
  • Nuoto: 3 all: lun, gio, sab;
  • Scialp: 1000 mt ven;
  • Secco: 2 all;
Mi pare.......