Allora il mese di gennaio si conclude così...
CORSA Sessioni: 18, Km: 145 -> Va bene, siamo nella media....
BICI da
CORSA Sessioni: 3, Km: 160 ...beh va beh, uno schifo...
MtB Sessioni: 2, Km: 60
ARRAMPICATA Uscite: 1
BOULDER Uscite: 1
SNOWBORDALP Gite: 1
ESC-ALP Gite: 1
SECCO-PESI Allenamenti: 9
ROLLER Allenamenti: 1, km: 15
Ora vorrei incollare qui un racconto trovato sul blog di Emilio Previtali. Io sono in scarsa vena scrittoria e questo racconto mi è piaciuto molto....Lo trovate su
emilioprevitali.blogspot ...enjoy...
Tu sei salito per ultimo. Sei rimasto lì fuori ad annusare l’odore di
quella gomma nera piena di buchi che veniva su dal pavimento, poi sei
entrato. Hai sgomitato un po’ e hai trovato il tuo spazio tra la gente.
Le porte sono scivolate dietro di te, il conducente ha dato una spinta
alla maniglia e ha controllato la chiusura. Poi si è dondolato indietro e
si è seduto al suo posto dentro a una gabbia fatta di tubi di
alluminio, un po’ di traverso, con la spalla destra appoggiata al
montante della cabina e le gambe incrociate. Ha premuto un tasto rosso
illuminato e dopo un attimo la funivia si è messa in moto. Lui ha
abbassato subito lo sguardo e ha iniziato a giocare con un pezzetto di
carta stirandolo tra i pollici. Tu gli hai subito guardato gli scarponi,
sono quelli che aveva l’anno scorso. Gli stessi. Anche il movimento
nervoso del suo piede è sempre lo stesso dello scorso anno. Ti sei
appoggiato con la schiena e con la testa alle porte scorrevoli, proprio
in mezzo, dove c’è quella guarnizione nera con cui si uniscono le due
metà. E ora guardi in alto, verso il soffitto della cabina. Respiri.
Otto minuti e sarai su, gli altri ti stanno aspettando. Guardi intorno. A
fianco a te c’è un tipo vestito di bianco e di nero, piuttosto
attillato. Giacca a vento corta, una specie di giubbino. Gel sui
capelli, niente berretto. Profumo di dopobarba. Occhiali viola fumé tipo
grande fratello, ha una dolcevita sotto. Nera. Stringe due paia di sci
tra le mani, cortissimi, sono presi al noleggio, si capisce. E’ senza
guanti. Ha le dita un po’ pelose e sul quarto dito della mano destra ha
un anello d’oro di forma quadrata, con un rubino nell’angolo, uno
piccolo. E un braccialetto argento a un polso, una catena, abbastanza
grossa. Chissà che mestiere fa? Il meccanico, probabilmente. O forse il
commesso in un negozio di abbigliamento. Si gira a destra e fa un
sorriso a una ragazza con indosso una giacca in piumino color argento.
Lui le chiede come và, rimbalzando con la voce sull’accento finale.
Vuole essere gentile, si vede. Lei non lo guarda e non sorride. Non gli
sorride proprio, anzi, sembra incazzata. Sicuro che non ha voglia di
sciare. O forse era incazzata già da prima, da ieri sera o forse da
sempre. Forse è una che è sempre incazzata - a certe donne capita. Non è
molto alta, però è carina. Molto carina. Capelli neri lisci, un
paraorecchi di quelli ridicoli con il cerchietto e con quei batuffoli
di peluche bianco ai lati. Lei ha un buon profumo, di fresco, lo stesso
della segretaria del tuo dentista. Tiene due paia di bastoncini tra le
mani in modo un po’ goffo – ha i guanti, a paletta – e la giacca a vento
un po’ aperta sul davanti. Si, sicuro che lei e il tipo stanno
insieme. Lui se la fa. Non da molto, però. Anche lei ha una dolcevita
sotto, anche lei nera. Si intravedono le bretelle dei pantaloni che
deviano intorno al seno. Due belle tette, ma non tanto grosse. Però
sembrano sode. Cerchi di non fissarle, fai finta di niente e ti giri con
la testa. Guardi un po’ fuori in diagonale, giù verso il basso, oltre
quei due strati di plexiglas tutti rigati. Gli alberi sono già tutti
imbiancati, c’è più neve dello scorso anno, molta di più. E c’è più
gente del solito, i piazzali già quasi pieni, per questo dove metti la
macchina di solito non c’era più posto oggi, sei arrivato un po’ tardi.
Ti è toccato parcheggiare più in giù e fare un bel pezzo di strada con
gli sci in spalla. Ora sei sudato. Lo senti il sudore che si raffredda
sulla schiena e sulle cosce. E anche alla testa senti caldo, vorresti
toglierti il berretto ma no - meglio di no. Guardi ancora fuori, ora c’è
il terzo pilone, whoooof, senti un’onda nello stomaco, quando eri
piccolo ci andavi matto per questa cosa delle budella che vengono su.
Qualche donna lancia un urletto, senza vergogna. Anzi. Vedi l’altra
cabina sfrecciarti a lato, scendere e sparire via. Metà strada. Alla tua
destra c’è un ragazzino dello sci club un po’ sovrappeso con uno zaino
gigantesco in spalla. Parla con due amici della sua età vestiti come lui
e mastica una gomma a bocca aperta, lo hai notato prima, mentre
aspettavi. Tutti e tre hanno già il casco calcato in testa e la maschera
abbassata. Lente azzurra, contorno degli occhi deforme, il volto
sudaticcio. Non è stato zitto un attimo quel ragazzino, da quando si
sono chiuse le porte. Gli altri due ascoltano e ti guardano. Tu li
guardi. Ridono. Capisci che stanno ridendo di te, allora tu fai finta di
niente e ti giri un po’di lato, guardi via. Poi cominci a spingere
all’indietro quello che hai più vicino, il ciccione. Però non subito, lo
fai dopo un po’, dopo qualche secondo. Non lo spingi con cattiveria,
però lo spingi, deciso, appoggiandoti progressivamente al suo zaino.
Inesorabilmente, in fondo tu sei più grosso. Lui smette di ridere e
anche se non lo vedi, lo senti che è fuori equilibrio e che si deve
tenere ai suoi amici per non cadere. Ora non parla più. Che bastardo che
sei. Ora a fianco a te, alla tua destra, hai un signore molto alto con
i capelli bianchi - quasi gialli a dire il vero, non molto puliti - con
una fascia paraorecchie rossa di lana e anche lui con un paio di sci
cortissimi, con gli attacchi da alpinismo, quelli ultraleggeri. Se ne
andrà a farsi una gita, ha le pelli già montate. E’ da solo? Si, è da
solo - sicuro. Ha gli scarponi arancioni slacciati, la barba non fatta e
guarda fisso davanti a se rigirando la lingua intorno ai denti. Ha un
alito agghiacciante. Deve essere tedesco, senz’altro. Un professore di
scuola superiore. O un ingegnere. O un autista di autobus, forse.
Nell’angolo dall’altra parte della cabina ci sono tre snowboarder. Uno
ti saluta sollevando le sopracciglia, lo hai già visto in park altre
volte, tu rispondi sollevando la mano con un gioco di polso. I tre
snowboarder non parlano, sono fermi immobili, tutti e tre con la musica
nelle orecchie, ognuno per conto suo. Si guardano. Uno di loro ascolta
la musica nelle cuffie a volume altissimo, sta ascoltando una canzone
degli Hot Chili Peppers. E’ “Scar Tissue”, anche quelli lì intorno la
sentono, anche la ragazza carina. La stanno seguendo tutti, quella
canzone. La seguono con il pensiero, in silenzio.
Push me up against the wall /Young Kentucky girl in a push-up bra
/Fallin’ all over myself /To lick your heart and taste your health
’cause / With the birds I’ll share / This lonely view...
Nell’altro angolo della cabina, giù in fondo, senti qualcuno che parla
di multe e di polizia e di autostrade e poi c’è una ragazza che parla di
un film che ha visto ieri sera in tv. E poi degli uomini che ridono e
scherzano in tedesco o forse è un’altra lingua. Probabilmente è polacco,
si, è polacco – sono polacchi. Poi la cabina rallenta. E poi si ferma.
Le porte non si aprono subito, c’è qualche secondo di pausa, come
un’esitazione della meccanica, un istante di nulla collettivo. Qualche
secondo di silenzio ancora e il conducente sblocca la maniglia poi tira
la porta verso di sé e tutti ricominciano a parlare. Apre e scende per
primo con una specie di giravolta, tu gli hai fatto spazio. Poi tocca a
te scendere, fai un passo e giri a destra, poi ancora quattro passi e
giri ancora a destra intorno alla cabina e poi entri in un corridoio
semibuio. Senti tutti gli altri che ti seguono, che camminano goffamente
dietro di te affondando i talloni e le punte degli scarponi dentro
quella gomma maleodorante e poi arrivi davanti a una porta a vetri che
ti si apre davanti. Fuori ci sono tutte le ragioni per cui sei lì. C’è
il sole. C’è l’aria fredda. Ci sono le montagne e il cielo azzurro. C’è
la neve, la annusi e la senti scricchiolare sotto i piedi. I tuoi amici
non si vedono in giro, probabilmente sono al bar. Ancora al bar. Allora
ti prende una voglia fortissima di farli aspettare e di andare via,
lontano da tutte quelle persone che hai osservato dentro la funivia,
lontano da tutti quei rumori e lontano da tutti quelle cose che hai
visto. Lontano da quelle vite mescolate nel caos e lontano da tutti quei
pensieri che non riesci mai a fermare. Allora prendi gli sci, li liberi
dalla presa degli ski-stop, li butti a terra di piatto e ci monti
sopra. Chiudi gli attacchi e ti spingi via, giù, in discesa. Prendi
velocità. Aria. Ti farai un giro da solo, ne hai bisogno.
Per essere felice.
Pubblicato su 4Skiers n.16 - Dicembre 2010
Per essere felice.... :-) Grazie Emilio
JMBReRe
Nessun commento:
Posta un commento