inizio
Jubilee Station
All'inizio (o perlomeno non è escluso che possa essere stato così) fu un duale, che in seguito si scoperse essere la più piccolo unità di pensiero, nonché il primo esempio di adattamento attivo all'ambiente. Il duale ammette un punto di connessione tra i due poli, che sono il punto di informazione e di riferimento, ma ammette anche un punto di codifica. Nonostante sia necessaria quindi una triade per definire un duale, il nome `duale`, dalla sua scoperta, è rimasto sempre utilizzato nel corso della storia perché è stato accertato (ma dovrei dire accettato) che riferimento e codifica non possono subire cambiamenti simultanei. Il duale ammette un solo confronto tra l'informazione e il riferimento, e lo fa tramite l'elemento definito nella codifica. Inoltre è praticamente certo che il duale possa ricevere una sola informazione per volta, e quindi il processo è di tipo seriale e non parallelo. Ma tutte queste cose sui duali io non è che le so da sempre. E' capitato che ne venissi a conoscenza.
8th Street Station
Un pomeriggio di maggio stavo correndo su dei prati inclinati e incontrai la lepre. "Ciao, lepre", dissi. Che io ci tengo a salutare chi incontro mentre corro. "Ciao". Rispose la lepre, tutt'altro che esitante. "Io credevo che le lepri avessero paura di quelli che corrono, perché scappano sempre", dissi. "Non scappano sempre, perché altrimenti sarei scappata anch'io", rispose. Perfino gli alberi restarono perplessi. Non intesi cominciare una discussione, che non è bene discutere con i padroni di casa. Piuttosto mi convinsi che quella era una lepre strana e la esortai a seguitarmi: "verrai a correre con me, oggi? Sono diretto lassù, vedi?". "Si, verrò, ma ti seguiterò fino alla pietraia".
Passammo un'ora in silenzio. Poi un'altra. Poi un altro po' di tempo che non saprei quantificare. Poi dissi: "ma tu che ne sai dei duali?". Mi rispose. "So che è l'unione del polo di riferimento e di informazione tramite la codifica pure". Beninteso la codifica pure (che in seguito sentii chiamare anche anche, e-pure, sinonimia (dai semantici)) assimila l'informazione al riferimento. Se entrambi sono positivi o negativi (ovvero veri o falsi) allora la codifica restituisce un vero. Se informazione e riferimento si oppongono allora la codifica restituisce un falso. "Tutto ciò che so, è che mi accetto per quel che sono. Ho il pelo bianco d'inverno e il pelo marrone d'estate". Rimasi taciturno a rimuginare. Nel cielo blu limpido vedevo ruotare ammoniti gialle. Un'altra ora passava silenziosa, e arrivammo alla pietraia. "Ora ti devo salutare", disse la lepre. "Ok, va bene". Il sole stava tramontando, creando nuovi giorni per certuni, e nuove notti per tal altri.
6th Street Station
Una sera di maggio stavo correndo per una pietraia. Era buio e una farfalla prese a svolazzarmi davanti alla faccia. La vedevo con la frontale. Apparire e sparire. Apparire e sparire. "Ferma!", le dissi..."dove te ne vai, farfalla?". - "Non sono la farfalla" - rispose. -"Sono la falena"-. "Vuoi, venire con me?", chiesi. -"Dove andiamo?"-, chiese di rimando. "Andiamo lassù...vedrai, ci divertiremo". -"Va bene, vengo"-, disse. Fu così che in un attimo passai dal correre con una farfalla, al correre con una falena, giacché, ciò che facciamo, e` solo reale nel mondo ideale. Passò un'ora e poi un'altra ora. Due ore silenziose. Passo un altro po' di tempo che non saprei quantificare. Poi proposi il problema alla falena: "Che ne sai te dei duali?". "So che è l'unione del polo di riferimento e di informazione tramite la codifica oppure". Beninteso la codifica oppure (che in seguito sentii chiamare anche: o-pure, seppure, o prospettiva di conseguenza negativa (dai prosaici), antinomia (dai semantici)) contrappone l'informazione al riferimento. Se entrambi sono positivi o negativi (ovvero veri o falsi) allora la codifica restituisce un falso. Se informazione e riferimento si oppongono allora la codifica restituisce un vero. "Tutto ciò che so, è che se tu mi aiuti mentre sto uscendo dal baco, io nascerò troppo debole e morirò presto.". Rimasi meditabondo. Nel cielo limpido vedevo ruotare stelle, astrolabi, gomene, sfere armillari. Un'altra ora passava silenziosa, e arrivammo alla neve. "Ora ti devo salutare", disse la falena. "Ok, va bene". Albeggiava, una fredda aurora. Di quelle che la terra regalava a nessuno quando il tempo non esisteva.
3th Street Station
Era mattino, all'incirca più tardi. Avevo passato una notte a correre e stavo pensando ai miei incontri avuti sulla strada verso la neve. La lepre, la falena. Ripensavo a loro e qualcosa non mi tornava. Mi chiedevo come fosse possibile sviluppare un'intelligenza senza poter accedere a codifiche diverse dall'eppure e il seppure (che tutt'ora sono i miei delineatori preferiti). Si, perché se riferimento e codifica non possono cambiare simultaneamente, allora come è possibile evolvere, cioè cambiare risposta in base all'informazione, cioè proporre un adattamento attivo all'ambiente, proporre soluzioni diverse a partire da basi note, giungere autonomamente a conoscenze reali, scoprire il da farsi, attribuire significato, afferrare le cose. Una cosa sia chiara, orbene, sempre considerando l'ipotesi che sta alla base dei duali è vera. Ovvero: l'intelligenza è descrivibile tramite un numero abbastanza grande di connessioni, sviluppatesi a tal punto da poter costituire un complesso di facoltà e abilità psichiche e mentali che consentono di capire. Se questo è il problema, allora il duale, per il quale l'eppure e il seppure sono le uniche codifiche disponibili, non è la più piccola unità di pensiero, ma solamente un accessorio.
Centre Street Station
Fu così che un mattino, correndo sulla neve, incontrai il camoscio. "Buongiorno camoscio", che ad un camoscio non darei mai del tu, senza che prima mi dia il permesso lui. "Buongiorno". Che i camosci sono molto educati e rispondono sempre ad un saluto cortese (perlomeno quelli che ho conosciuto io). "Corre con me? Non sa che piacere mi farebbe". "Va bene", rispose il camoscio, che non lasciò sfuggire l'ombra di un emozione. "Ti seguirò solo fino alla cima". "Ma perché poi non scende con me?", risposi di fretta. "Perché, poi io dopo la vetta salirò ancora". Passò un'ora, e poi un'altra. Poi un altro po' di tempo che non saprei quantificare. Arrivammo insieme sulla cima, dove si vedevano, sparpagliate, alcune pietre: ma nulla ci toglieva dagli occhi la luce algida della neve. Mi avvolse la stanchezza. C'era un profumo interminabile. Mi coprii il volto, mentre il camoscio impassibile ammirava i dirupi, i dedali di rocce rosse, gli orridi, e le valanghe senza fine. Eravamo completamente soli in quel mondo di nuvole ma si sentivano dei sussurri, come il rumore delle gocce dell'acqua di stillicidio nelle grotte. Passammo così un'ora in silenzio, poi chiesi: "che ne sa lei dei duali?". "So che è l'unione del polo di riferimento e di informazione senza codifiche, ma con una negazione nella linea che conduce l'informazione all'unione". Beninteso la negazione (che in seguito sentii chiamare anche: nega-azione, negativazione, o specchio (dai prosaici)) rovescia l'informazione, qualunque essa sia. Se l'informazione è positiva allora diventa negativa (ovvero falsa), e se l'informazione è negativa allora si ha un positivo (un vero). "Tutto ciò che so, è che se tu se arrivi in cima, poi puoi solo scendere".
City Hall Station
La negativazione era ciò che la falena e la lepre si erano riservate di non svelarmi. Era chiaro che quell'elemento era proprio quello che mancava per suffragare l'ipotesi alla base del duale. L'individuo persuaso dell'esistenza del duale direbbe che avendo abbastanza tempo a disposizione sarebbe possibile descrivere -tramite un numero abbastanza grande di connessioni, di codifiche (comprese le negativazioni), e di riferimento, in sintesi, di duali- una replica esatta del mondo. Tuttavia credo sia in tal caso solamente possibile giungere ad una descrizione esatta fino all'attimo prima. Una replica del mondo istantanea dovrebbe essere descritta da qualcuno più vecchio dei suoi anni, perché è necessario sopravvivere a se stessi per poter descrivere un'evoluzione completa. E giacché nasciamo noi, che sappiamo accettare ma non sappiamo comprendere il concetto di infinito, e sappiamo tutto del passato (singolarità escluse) e niente del futuro, concludo che l'evoluzione dei duali non è mai terminata, e che siamo il sogno mortale di un essere immortale -che ci sta replicando a suo piacimento per tutta la sua vita- o il sogno immortale di un essere mortale -che non ha mai fine-.
Scendo dal treno
Quanti duali servono per formare una lepre, una falena, un camoscio, un uomo? Quanti ne servono per descrivere la distribuzione delle strisce di una zebra? Quanti ne servono per comprendere il concetto di infinito, di mente non pensante, di stasi dell'evoluzione (dei duali), di assenza di tempo? Mi incammino e sogghigno. Sogghigno e soppeso. Penso all'incredibile nostra fortuna. Possiamo portarci una conchiglia all'orecchio e sentire il mare. La guardiamo e vediamo il cavo dell'onda. Vediamo cieli in occhi azzurri e mandorle in occhi marroni.
fine
PS: questo post non sarebbe stato mai scritto se non avessi conosciuto la Ale, che poi mi ha fatto conoscere Jorge Luis, ed Ernesto, che deve aver letto Blaise (a cui va tutta la mia stima) oppure, probabilmente, se l'avessi scritto senza conoscerla, sarebbe stato del tutto diverso.
JMBReRe (fermo dalla corsa e dalla bici->giramento balle a livelli astronomici)
«En redescendant, le cœur léger, je sifflote gaiement. Je viens de gagner le ticket pour le cap Horn, l’Amazonie… Ah ! Connaître l’enfer vert, la chaleur suffocante, les moustiques, les papillons aux ailes moirées, manger de la soupe de perroquet Ara, de la queue de caïman, avaler des larves gluantes, découvrir les mers du sud, entendre rugir le vent des quarantièmes, entendre hurler celui des cinquantièmes en doublant le cap Horn, siffler le dauphins qui dansent au clair de lune, apercevoir les glaciers qui brillent au fond des fjords ! Je veux vivre à en crever…»
JMB
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