Nella testa ho una città. La mia testa è una città. Una città in continua evoluzione.
Ed io, io passo la vita a costruire: pensare, immaginare, sognare, dedurre, calcolare.
Ed io, io passo la vita a passeggiare: percepire, sentire, assaporare, toccare, indagare.
Ponti, parchi, case, scuole, uffici, supermercati, stazioni. Attraverso, passeggio, abito, frequento, visito.
Tanto per fugare subito le aspettative dei miei lettori, si! ci corro anche ogni tanto per la mia città. Ma mi piace correre un po' fuori dal casino, in campagna.
Dove non è raro trovare il cipresso scosso dal vento, l'olivo contorto, il ciliegio in fiore illuminato dalla luna, le lucciole lampeggianti in un roveto, il ramo della vigna verde e arrotolato che cresce fino al bordo strada.
Strano a dirsi, ma non conosco proprio tutte tutte le viuzze di questa città. Sapete, ci sono quegli angolini nascosti di cui ignoro l'esistenza. Quelli che, quando si visita una città straniera, si è tanto contenti di fotografare perché si pensa di essere gli unici ad aver visto. Un balconcino con sopra dei gerani. Una pianta di limone. Un piccola seggiolina blu appoggiata vicino ad una porta rossa. Un gatto che riposa su delle tegole arancioni. Ed allora si torna a casa intitolando l'album di foto tipo: "la mia Parigi", "la nostra Londra"...si, perché entrando a conoscenza della particolarità, si sente di conquistare il possesso della generalità. Il particolare assume un connotato quasi intimo e perciò confidenziale. Quasi la città si sia messa in contatto con solo noi e noi soli. Come una ragazza che pensiamo possa guardar solo noi in quel modo... con quegli occhi di cui pensiamo essere gli unici a saper descriverne il colore.
Beh, dicevo, che non conosco tutti i particolari di questa città, come non conosco tutte le rughe della mia mano! Ed è ancora più sorprendente perciò, a volte, prendere una viuzza sperduta e ritrovarsi in una grande piazza che si riconosce subito ed esclamare: "toh, guarda dove siamo finiti". Mi sembra normale percorrere spesso la stessa strada quando giro per una città. La mia città non fa eccezione.
Se nella mia città le strade sono pensieri e le case sono aspettative, la felicità è proprio dietro l'angolo.
Nella mia città i ponti sono deduzioni e i palazzi i desideri. La serenità, la bellezza, la tranquillità, la soddisfazione, non sono mica dove uno se lo aspetta.
Sono appena li dietro.
Sono appena li dietro, dove quel gatto si sta stiracchiando sulle tegoli arancioni, proprio sul tetto di quella casina dalla porta rossa, con un balconcino pieno di gerani e una vecchina che si appresta ricurva a sedersi su una seggiolina blu.
Ed io, io passo la vita a passeggiare: percepire, sentire, assaporare, toccare, indagare.
Ponti, parchi, case, scuole, uffici, supermercati, stazioni. Attraverso, passeggio, abito, frequento, visito.
Tanto per fugare subito le aspettative dei miei lettori, si! ci corro anche ogni tanto per la mia città. Ma mi piace correre un po' fuori dal casino, in campagna.
Dove non è raro trovare il cipresso scosso dal vento, l'olivo contorto, il ciliegio in fiore illuminato dalla luna, le lucciole lampeggianti in un roveto, il ramo della vigna verde e arrotolato che cresce fino al bordo strada.
Strano a dirsi, ma non conosco proprio tutte tutte le viuzze di questa città. Sapete, ci sono quegli angolini nascosti di cui ignoro l'esistenza. Quelli che, quando si visita una città straniera, si è tanto contenti di fotografare perché si pensa di essere gli unici ad aver visto. Un balconcino con sopra dei gerani. Una pianta di limone. Un piccola seggiolina blu appoggiata vicino ad una porta rossa. Un gatto che riposa su delle tegole arancioni. Ed allora si torna a casa intitolando l'album di foto tipo: "la mia Parigi", "la nostra Londra"...si, perché entrando a conoscenza della particolarità, si sente di conquistare il possesso della generalità. Il particolare assume un connotato quasi intimo e perciò confidenziale. Quasi la città si sia messa in contatto con solo noi e noi soli. Come una ragazza che pensiamo possa guardar solo noi in quel modo... con quegli occhi di cui pensiamo essere gli unici a saper descriverne il colore.
Beh, dicevo, che non conosco tutti i particolari di questa città, come non conosco tutte le rughe della mia mano! Ed è ancora più sorprendente perciò, a volte, prendere una viuzza sperduta e ritrovarsi in una grande piazza che si riconosce subito ed esclamare: "toh, guarda dove siamo finiti". Mi sembra normale percorrere spesso la stessa strada quando giro per una città. La mia città non fa eccezione.
Se nella mia città le strade sono pensieri e le case sono aspettative, la felicità è proprio dietro l'angolo.
Nella mia città i ponti sono deduzioni e i palazzi i desideri. La serenità, la bellezza, la tranquillità, la soddisfazione, non sono mica dove uno se lo aspetta.
Sono appena li dietro.
Sono appena li dietro, dove quel gatto si sta stiracchiando sulle tegoli arancioni, proprio sul tetto di quella casina dalla porta rossa, con un balconcino pieno di gerani e una vecchina che si appresta ricurva a sedersi su una seggiolina blu.
Ma perché dico questo? Dico questo perché mi domando in continuazione se sia il caso di farsi delle aspettative. Le aspettative generano molte volte delusione, perché il più delle volte non si riesce ad andare oltre. Ma semplicemente perché hanno preso spazialmente il posto alla nostra idea di felicità, o comunque di soddisfazione, emozione, brivido. Se abbiamo molte aspettative dobbiamo solo essere un pochino più bravi e più curiosi, perché magari, dove ci aspettavamo un bell'angolino, troviamo il retro disastrato di un supermercato.
Il fatto fortunato è che la realtà va già di per se, spesso, oltre le nostre aspettative. In tempi e modi che noi non immaginiamo, ovviamente.
Ecco, io la settimana scorsa ho fatto il mio primo 70.3 (nb: gara di triathlon) e me lo sono preparato così tanto mentalmente che dove mi aspettavo di emozionarmi sono rimasto proprio indifferente. Prendiamo l'esempio della partenza in acqua: ecco io mi aspettavo di cagarmi addosso. Invece zero, partivo come parto per un allenamento. La cosa, magari, in questo caso ha giocato a favore, abbassando il mio livello di tensione. Fattostà però che ho vissuto una cosa stra-ordinaria (nel senso, fuori dall'ordinario) come una cosa qualsiasi.
Prendiamo l'esempio del tappeto blu, che c'è alla fine della gara, prima del traguardo. Gente, fotografie, urla, battiti di mani... tutto normale, perché, forse, aspettato.
Il fatto fortunato è che la realtà va già di per se, spesso, oltre le nostre aspettative. In tempi e modi che noi non immaginiamo, ovviamente.
Ecco, io la settimana scorsa ho fatto il mio primo 70.3 (nb: gara di triathlon) e me lo sono preparato così tanto mentalmente che dove mi aspettavo di emozionarmi sono rimasto proprio indifferente. Prendiamo l'esempio della partenza in acqua: ecco io mi aspettavo di cagarmi addosso. Invece zero, partivo come parto per un allenamento. La cosa, magari, in questo caso ha giocato a favore, abbassando il mio livello di tensione. Fattostà però che ho vissuto una cosa stra-ordinaria (nel senso, fuori dall'ordinario) come una cosa qualsiasi.
Prendiamo l'esempio del tappeto blu, che c'è alla fine della gara, prima del traguardo. Gente, fotografie, urla, battiti di mani... tutto normale, perché, forse, aspettato.
Io, ecco, sono quasi convito che queste foto rimarranno, ma con gli anni e con le altre gare passeranno.
Invece sarà difficile dimenticare ciò che non sapevo immaginare. Non dimenticherò mai quello che ho provato nel modo che non mi aspettavo. Ogni volta era un colpo: la realtà sembrava dirmi "toh, tieni questa!" mentre mi colpiva in pancia con l'immagine delle vette Svizzere innevate, e con la sensazione calorosa e bellissima di essere da sempre in viaggio e in viaggio per sempre. La bellezza di metter il braccio fuori dal finestrino quando si guida una macchina non è nulla al confronto di sentirsi in grado di volare. Nudi e soli per i prati. Mentre la propria bici, sospinta non si sa più neanche da chi, scollina una volta in più, di nuovo, per ricominciare a planare nell'azzurro di un lago che luccica.
E poi, c'è lui. Tra il pubblico che si accalca verso la fine del tracciato della corsa c'è il bambino piccolo e occhialuto che tende la mano attraverso le gambe dei genitori e la transenna. Tende la mano come potrebbe tenderla un detenuto che cerca di rubare le chiavi allo sceriffo che sta passando a controllare le celle. Per far arrivare la mano più vicino ancora a me che sto passando. Vuole toccare con mano la libertà che quel corridore rappresenta..il privilegio che rappresenta. Leggero, assoluto e incredibile privilegio, di chi sa di poter permettersi di delegare e relegare in un'attività sportiva la propria felicità. Leggera, assoluta e incredibile sensazione. Che è il parallelo di chi si può permettere di disperare per cose banali. Penso che chi si può permettere di disperarsi per cose banali può considerarsi altrettanto privilegiato (ma ne parleremo la prossima volta...sarò categorico, ma credo che chi possa gioire e fare dello sport la propria felicità, tanto quanto colui che può permettersi di disperare per un telefono rotto, possa considerarsi privilegiato, considerando lo standard umano).
La città allora si mette in contatto con me. Sembra di essere di corsa per le strade della mia città. Con i ciliegi in fiore appesi alla luna. Dove le lucciole brillano nei roveti. Dove i cipressi sono scossi dai venti tiepidi. Dove scollinando e risalendo sembra di poter far sorgere e tramontare il sole a proprio piacimento. Li ci sentiamo di scattare una foto che ci portiamo a casa.
"La mia città" è il titolo dell'album. "è li che ci siamo parlati per la prima volta...", è il sapore dei nostri racconti. Faccio foto che non dimentico.
E poi, c'è lui. Tra il pubblico che si accalca verso la fine del tracciato della corsa c'è il bambino piccolo e occhialuto che tende la mano attraverso le gambe dei genitori e la transenna. Tende la mano come potrebbe tenderla un detenuto che cerca di rubare le chiavi allo sceriffo che sta passando a controllare le celle. Per far arrivare la mano più vicino ancora a me che sto passando. Vuole toccare con mano la libertà che quel corridore rappresenta..il privilegio che rappresenta. Leggero, assoluto e incredibile privilegio, di chi sa di poter permettersi di delegare e relegare in un'attività sportiva la propria felicità. Leggera, assoluta e incredibile sensazione. Che è il parallelo di chi si può permettere di disperare per cose banali. Penso che chi si può permettere di disperarsi per cose banali può considerarsi altrettanto privilegiato (ma ne parleremo la prossima volta...sarò categorico, ma credo che chi possa gioire e fare dello sport la propria felicità, tanto quanto colui che può permettersi di disperare per un telefono rotto, possa considerarsi privilegiato, considerando lo standard umano).
La città allora si mette in contatto con me. Sembra di essere di corsa per le strade della mia città. Con i ciliegi in fiore appesi alla luna. Dove le lucciole brillano nei roveti. Dove i cipressi sono scossi dai venti tiepidi. Dove scollinando e risalendo sembra di poter far sorgere e tramontare il sole a proprio piacimento. Li ci sentiamo di scattare una foto che ci portiamo a casa.
"La mia città" è il titolo dell'album. "è li che ci siamo parlati per la prima volta...", è il sapore dei nostri racconti. Faccio foto che non dimentico.
Non posso fare altro che tendere la mano di rimando.
Sembra di poter "fare come l'acqua che cade laggiù in fondo", creare bellezza, toccare felicità. Sembra di toccare un ramo di vigna verde che, nella notte, è cresciuto apposta per poter arrivarci vicino, a portata di mano, e farsi toccare.
Settimana 28 Apr - 05 Mag:
Sembra di poter "fare come l'acqua che cade laggiù in fondo", creare bellezza, toccare felicità. Sembra di toccare un ramo di vigna verde che, nella notte, è cresciuto apposta per poter arrivarci vicino, a portata di mano, e farsi toccare.
Settimana 28 Apr - 05 Mag:
- Nuoto: Lun, Mer, Sab;
- Bici: Gio 40, Sab 60;
- Corsa: 8 Mar, 8 Gio, 8 Sab;
- Nuoto: Lun, Gio, Dom;
- Bici: Sab 40, Dom 25;
- Corsa: 8 Mar, 8 Ven, 8 Dom;
- Secco: Lun, Gio;
Settimana 12 Apr - 18 Mag:
- Nuoto: Lun, Gio;
- Bici: Sab 45, Dom 25;
- Corsa: 8 Mar, 8 Ven, 8 Sab, 21 Dom;
- Secco: Lun, Gio;
Settimana 19 Mag - 25 Mag:
- Nuoto: Mar, Dom;
- Bici: Sab 60, Dom 40;
- Corsa: 4 Mar, 8 Mer, 8 Gio, 12 Sab;
Settimana 26 Mag - 01 Giu:
- Nuoto: Mer, Dom (70.3 Rapperswil);
- Bici: 90 Dom (70.3 Rapperswil);
- Corsa: 8 Mar, 8 Ven, 21 Dom (70.3 Rapperswil);
- Secco: Mer;
Settimana 2 - 8 giu:
- Corsa: 5 all: 8 Lun, 8 mer, 10 gio, 6 ven, 8 sab;
- Bici: 40 lun, 40 sab, 50 dom;
- Nuoto: sab e dom (acque libere)
Indi per cui maggio 2014 conta:
- Corsa: 16 All: 143 km :-) (mancano i lunghi!!)
- Bici: 9 All: 375 km :-)
- Nuoto: 10 All; :-)
- Secco: 5 All :-(
Ricordo la legenda faccine:
- :-D Benissimo (allenamenti sopra media)
- :-) Bene (allenamenti nella media, o comunque c'è motivo per star su di morale)
- :-/ Senza infamia ne gloria (allenamenti pochino sotto media)
- :-( Male (allenamenti pochi, scarsi e fatti male)
- :-< Malissimo, sciagura, disastro, cataclisma (impossibile allenarsi)
Ma torniamo al diario: Maggio 2012 e 2013 cosa mi aveva visto fare?
Maggio 2013:
Maggio 2013:
- Corsa: 18 All 166 km;
- Bici da corsa: 4 All 155 km;
- Mtb: 5 All, 140 km;
- Falesia: 1;
- Via Alp: 1;
Maggio 2012 avevamo fatto invece:
- Corsa: 9 All: 89 km, minimo storico credo :-(
- Bici: 183 km in 4 sessioni :-(
- Mtb: 230 km in 7 sessioni :-/
Storicamente quindi ho una media di uscita in bici da corsa di 40 km. Dopo dipende dal lavoro necessario (fondo oppure ripetute, ritmo, etc...). 2012 45 km ad uscita, 2013 38 km ad uscita, 2014 41 km ad uscita, ma con 9 allenamenti. Bene. Assolutamente necessario inserire i lunghi in questi due mesi in vista dell'IM di fine luglio...
Alé alé
JMBReRe
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