«En redescendant, le cœur léger, je sifflote gaiement. Je viens de gagner le ticket pour le cap Horn, l’Amazonie… Ah ! Connaître l’enfer vert, la chaleur suffocante, les moustiques, les papillons aux ailes moirées, manger de la soupe de perroquet Ara, de la queue de caïman, avaler des larves gluantes, découvrir les mers du sud, entendre rugir le vent des quarantièmes, entendre hurler celui des cinquantièmes en doublant le cap Horn, siffler le dauphins qui dansent au clair de lune, apercevoir les glaciers qui brillent au fond des fjords ! Je veux vivre à en crever…»
JMB
venerdì 19 ottobre 2012
Il contadino che aveva un orto e un piccone
Questa è la storia di un contadino.
A questo contadino diedero un orto e un piccone.
Anche se era solo un contadino con un orto e un piccone, sapeva benissimo che con il suo lavoro avrebbe potuto trasformare il suo orto in un bel campo pieno di delizie.
Giorno dopo giorno l'orticello cresceva rigoglioso.
Poi, apparentemente dal nulla, ma probabilmente da quel crescente accumulo di voglia di fare che gli era nato dentro, prese a colpire il terreno con crescente veemenza. Senza fretta, come sempre, ma senza sosta. Senza collera ma con coraggio. Senza presunzione ma con ambizione.
Aveva abbandonato l'idea del campo rigoglioso, aveva abbandonato ogni altro arnese: si serviva solo della sua forza e del suo piccone: si era messo in testa, ingenuamente e per altro presuntuosamente, dal basso delle sue braccia gracili e del suo fiato corto, di poter spaccare il mondo in due picconata dopo picconata.
Lui picconava e la crepa partiva; la crepa solcava e lui continuava.
Non diceva più che il sole lo accecava, diceva che il sole gli illuminava il viso o lo baciava. La pioggia non lo bagnava più, ma gli mollava il terreno e gli facilitava il lavoro. Il vento non lo disturbava più, ora gli asciugava il sudore. Il freddo, beh, il freddo divenne suo amico e gli avrebbe fatto compagnia.
Dopo un po' di tempo capii che non stava facendo fatica, era la fatica che stava facendo lui e, di tanto in tanto, alzava la testa e, sotto ai suoi piedi e davanti ai suoi occhi, la sua visione cominciava a prendere forma.
La prima crepa era già partita, e solcava... e solcava... e solcava...
La crepa solcava e lui picconava.
Son passati gli inverni e la terra non si è ancora accorta di nulla. Ma dall'alto della sua visione, come dall'alto di una montagna o di un albero, lui e solo lui riesce a vedere, nel solco che sta scavando, non un solco ma una crepa. Sempre più larga e sempre più fonda, che parte da un vecchio orto e serpeggia e minaccia un pianeta intero.
Postfazione: Il contadino si adoperava per mostrare a tutti la sua visione. Li portava sulla cima della montagna o li faceva salire sull'albero. Ma nessuno vedeva mai una crepa. Alcuni vedevano un solco, alcuni vedevano un sentiero. Chi un fosso, o chi addirittura una canaletta!
Impazziva per questo. Gli tolsero il piccone e gli tolsero l'orto.
Per gli altri non era più un contadino che zappava sentieri o orti, era addirittura diventato una nullità.
Ma lui proseguì a mani nude e visse per sempre da contadino e morì da uomo libero, senza aver mai spaccato il mondo ma rimanendo fedele alle sue filosofie e non sminuendosi mai. Morì da contadino e felice, per questo.
Morale (scritta in seconda persona solo perché suona meglio): Devi aver rispetto del tuo io che vedeva la possibilità di spaccare il mondo con un piccone. Non sminuire la sua visione, non denigrarla se ora non la vedi così chiara come la vedeva lui prima. Nessuno vedrà una crepa nel tuo solco. Nessuno lo farà al posto tuo. Il punto non sta nel dove, nel come o nel cosa, e non importa chi sei. Il punto non sta nell'orto, nel piccone e nella crepa... E neanche nel contadino.
Il punto sta nel fatto che tutte queste cose assieme SONO. Il contadino PENSA all'orto e VEDE la terra e tramite il piccone FA. E tramite la sua visione, HA. Io sono, vedo, penso e faccio, e ho. E' una filosofia. Quella che mi fa capire che se pensi, vedi e fai, un colpo alla volta puoi andare avanti e tenere viva la tua visione, anche se infondo lo sai che il mondo non lo spaccherai mai. Ma tenersi in vita è l'unica cosa che si riesce a fare, alla fine di ogni giornata; come negarlo? E con le proprie visioni perché non dovrebbe essere la stessa cosa? Se le portiamo in vita è solo per mantenerle in vita e riprodurle. E' la filosofia che ci sta sotto ciò che conta. Quella del mattone. Quella della carovana che attraversa un deserto un metro alla volta. Quella di una nave che attraversa l'oceano. Quante vite sono servite, quanti mattoni, quante navi, per arrivare ad oggi e a quella che è la nostra normalità?
Di "dove" ce ne sono a bizzeffe. Di "come" e di "cosa" ne è pieno il mondo". Cosa sei, lo sai.
Dove andrai? Picconerai per un orticello rigoglioso o per spaccare il mondo? Non importa, ma sii fedele alla tua filosofia. Questo mi rende il mondo affascinante: l'infinitamente grande è costruito con l'utilizzo dell'infinitamente piccolo.
Nel tuo piatto ci sono i pomodori che hanno attraversato i secoli e gli oceani e sono conditi con le spezie che hanno attraversato i deserti. Un centimetro alla volta e un passo alla volta. Se hai in mano un piccone, hai in mano un mattone, hai un cammello, hai una nave. Picconare, costruire, attraversare... Se questa è la mia, qual'è la tua filosofia?
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