Forse Stefano, forse Marco o Gian Marco, sono i primi ad avermi parlato di Tamanika. Tamanika è dove si trova la neve più bella. A Tamanika nulla è lasciato al caso: tutto al suo interno è calcolato con precisione, il numero di Decibel, dei Lumen, la lunghezza dei percorsi, le frequenze dei luoghi di sosta, il tipo e la quantità di informazione. A Tamanika ci si rapporta solo tramite simboli (parole o voci prepensate). Tamanika è l'esempio esistente di uno stato in cui si concretizza il sogno della "macchina per vivere". A Tamanika, ci sono spazi interi in cui mille individualità si incrociano senza entrare in relazione, tutte sospinte dal desiderio frenetico di accelerare. Tamanika è un incubatore, è una porta di accesso a un cambiamento. All'ingresso di Tamanika, ognuno perde tutte le sue caratteristiche e i suoi ruoli personali, per continuare solo ed esclusivamente ad esistere null'altro che nella propria essenza, come se l'intera vita di ognuno fosse ridotta esclusivamente alla semplicità di una punta di una matita ed un foglio bianco. L'unico ruolo di ognuno, è quello di un utilizzatore di questo nuovo potere, e questo ruolo è definito da un contratto più o meno soffice che si firma con l'ingresso. Queste sono le regole.
Tamanika rappresenta dunque per molti una sorta di terra di mezzo, che accoglie nel momento di smarrimento ma che, a lungo andare, nello stesso momento in cui reifica l'essenza identitaria terrena, la sacrifica sull'altare della comune universalità. A Tamanika sono stato raramente, ma ho un ricordo indelebile di quei disegni che mi ha ispirato. La mia matita mi è sembrata leggera e scorrevole. La carta, soffice come la carta di cotone. Tamanika del resto ha ispirato ai grandi Maestri dei veri arabeschi, e questi, per bellezza ed essenzialità, io li pongo là in alto, assieme alle venature del marmo, alle curve delle camelie o alla regalità delle perle, assieme all'onorevole superiorità del leopardo delle nevi e dei suoi occhi liquidi, gelidi e sublimi.
L'ultima volta a Tamanika c'era un ragazzo, con capelli neri e lisci. Continuava a cantare una canzone, che si spandeva nel vento per tornare ad echi soffusi...
Oggi ho sognato di morire
ho camminato fuori dal palco
sparendo lassù tra le nuvole
e giunto al concerto dei cieli
gli angeli stavano cantando
la canzone che ho scritto per te
la canterai assieme a me?
Pensavo di sapere cosa
mi stava per accadere
e tutto sarebbe di certo stato
come lo avevo sempre sognato
il bue, la luna, il tuono, il lampo
nell'occhio del ciclone
non esiste dritto né rovescio
Ora è passato tanto tempo
ora è passato troppo tempo
ma la vita incanta ancora
e so che un giorno tutto il mondo
canterà questa canzone
che ho scritto per te
la canterai assieme a me?
Ora è passato tanto tempo
ora è passato troppo tempo
tutto ciò che riesco a capire
è aria, metallo, legno,
ma la vita resta ancora
è qui in questo cuore
dove il battito prosegue ancora
Pensavo di sapere cosa
mi stava per accadere
e tutto sarebbe di certo stato
come lo avevo sempre sognato
il bue, la luna, il tuono, il lampo
nell'occhio del ciclone
non esiste dritto né rovescio
Ora è passato tanto tempo
ora è passato troppo tempo
ma la vita incanta ancora
e so che un giorno tutto il mondo
canterà questa canzone
che ho scritto per te
la canterai assieme a me?
Ora è passato tanto tempo
ora è passato troppo tempo
tutto ciò che riesco a capire
è aria, metallo, legno,
ma la vita resta ancora
è qui in questo cuore
dove il battito prosegue ancora
Tamanika è non vita. Tamanika è in nessun luogo. Tamanika esiste solo per farti sognare. Come i palloncini, come la neve.
E, come la neve... puff ... ! Sparisce!
Surf a Tamanika, Ph. Credits: E.F.
JMBReRe
JMBReRe
PS: devo il titolo del post ad un verso trovato nel libro "La strada blu" di Kenneth White. Il resto è pura follia. Del resto, come dice Emilio, "lo sci è folie".
PPS: La chiave di lettura di questo casino è questa. In arrampicata, o nello snowboard tremendo, ci si espone ad attimi in cui il trasporto è così eccessivo che si fa esperienza di quella che io chiamo nonvita. Non si tratta del flow, si tratta di nonvie. Che è un termine simile a nonlieu, che sono i nonluoghi di Augé. Non è vita ne morte, a cui non ci sono contrari. E' un'altra cosa. La corda, o la lama della tavola, diventano un cordone ombelicale, perché nel grembo della terra non si respira aria.
PPS: La chiave di lettura di questo casino è questa. In arrampicata, o nello snowboard tremendo, ci si espone ad attimi in cui il trasporto è così eccessivo che si fa esperienza di quella che io chiamo nonvita. Non si tratta del flow, si tratta di nonvie. Che è un termine simile a nonlieu, che sono i nonluoghi di Augé. Non è vita ne morte, a cui non ci sono contrari. E' un'altra cosa. La corda, o la lama della tavola, diventano un cordone ombelicale, perché nel grembo della terra non si respira aria.
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